“Fuori i nomi dei primi 100 grandi insolventi debitori di Mps e delle banche che sono state salvate dallo Stato con i soldi di tutti gli italiani”.
Idea eccellente, proposta da applausi, ecco finalmente un uomo del fare, che non teme imbroglioni e profittatori, che dà il giusto valore etico al pubblico denaro, che in qualche modo si fa vendicatore delle migliaia di risparmiatori senza più risparmi inghiottiti dal buco nero dei dissesti bancari. Bene. Bravo. Bis.
Questo giustiziere dell’immoralità creditizia si chiama Antonio Patuelli, ricopre la carica di presidente dell’Abi, l’associazione delle banche italiane, e lo fa meritatamente poiché pochi come lui ne conoscono splendori e miserie (purtroppo soprattutto le miserie) essendo assurto ai vertici di questo empireo frusciante, si può dire, in tenera età. Ha infatti ricoperto nella Champions League dei banchieri, fin dal lontano 1998 e per lunghi periodi, gli incarichi più prestigiosi. Eletto alla presidenza, leggiamo, “per acclamazione” il 28 gennaio 2013 come successore di quel Giuseppe Mussari travolto, guarda caso, dallo scandalo derivati del Monte dei Paschi di Siena.
Quattro anni di lacrime e sangue per risparmiatori e investitori, gli unici a pagare fino ad ora per la gestione dissennata e molto spesso criminale di quegli stessi banchieri che di notte aggiravano la legge e di giorno, chissà, si accomodavano sussiegosi nelle severe stanze di palazzo Altieri, a Roma, sede della potente associazione. Quattro terribili anni durante i quali l’esistenza in vita di Patuelli è certificata – oltre che dalla laboriosa attività di presidente dell’Accademia degli Incamminati nonché di consigliere dell’Accademia dei Georgofili – da alcuni sobri moniti che tuttavia non risultano abbiano avuto eco adeguata tra i bancarottieri. Non può quindi che suscitare viva soddisfazione l’improvviso colpo di reni giustizialista di Patuelli anche se un’interpretazione maliziosa attribuisce la sua presa di posizione (“a titolo personale”, ci mancherebbe altro) alla sua passata pratica politica di deputato liberale e sottosegretario. Mettere le mani avanti è, infatti, un sistema collaudato quando si rischia di cadere all’indietro, come sta capitando alla credibilità dell’Abi. Anche perché aumentare la trasparenza bancaria è cosa pressoché impossibile senza una nuova (improbabile) legge. E questo Patuelli lo sa meglio di chiunque altro. Su un terreno ancora più delicato, quello del terrorismo, mettere le mani avanti potrebbe invece essere una scelta apprezzabile se chi la compie spiegasse meglio le proprie intenzioni.
È il caso del capo della Polizia, Franco Gabrielli che in un’intervista a Il Giornale ha detto a proposito dell’Isis: “Prima o poi pagheremo anche noi un prezzo, non c’è dubbio, inutile illudersi”. Fermo restando che i cittadini devono sentirsi rassicurati dall’azione di controllo operata sul territorio dalle forze dell’ordine (come dimostra l’uccisione del terrorista Amri da parte dei due agenti a Sesto San Giovanni) resta da chiedersi perché un funzionario esperto come Gabrielli abbia lanciato un così grave allarme. Non viviamo sulla luna e siamo tutti consapevoli dell’impossibilità di vigilare su ogni metro quadrato del territorio nazionale. Ma perché ribadirlo?
Lungi da noi il pensiero che questa affermazione sottintenda un possibile: ve l’avevamo detto. Ma ora che il capo dello Polizia ce lo ha detto, e a lettere chiare di non farci illusioni, dottor Gabrielli noi che altro possiamo fare se non tremare al pensiero?