Un conduttore televisivo di mezza età in crisi di ascolti, ma pronto a tutto pur di arrivare al suo sogno, condurre Sanremo (che, per la cronaca, sarà condotto quest’anno da Carlo Conti e Maria De Filippi). Una ragazza di vent’anni, che la televisione sa a malapena cosa sia, e vive sul Web, dove ha creato un blog finto di una ragazza morente che cerca di far salire nei contatti acquistando a pagamento dei like con la carta di credito della madre. Sembrano due personaggi opposti – lui, rivolto col suo programma a sessantenni e casalinghe, lei nativa digitale – eppure le loro vite finiscono per intrecciarsi nella maniera più impensabile.
Succede in A ciascuno i suoi santi, del regista, sceneggiatore e scrittore Franco Bernini (in uscita domani), romanzo che si apre col conduttore Bruno Brunori che guarda cupo le cifre degli ascolti del suo programma, “sfinito dalla loro precisione inquisitoria, che non lascia scampo”. Cifre che significano una cosa: chiusura del programma, a meno di non riuscire ad attrarre nuovo pubblico, andando, come gli viene suggerito, “a catturare la rabbia che c’è in giro” e “far scazzare gli ospiti in studio”. Di fronte a questo aut aut estraneo al suo modo di essere – il conduttore è colto e pacato, “perché – spiega lo stesso Bernini – non è vero che tutti quelli che fanno televisione sono persone rozze” – Brunori, insieme a Pietro, un suo ex braccio destro, concepisce un piano perverso: in maniera rocambolesca riesce a ottenere gli indirizzi delle famiglie campione dell’Auditel e parte per incontrarle e convincerle a votare per lui con la scusa di un invito in trasmissione, in modo da avere risultati manipolati.
E proprio nel suo viaggio nel mondo della provincia Bruno conosce la giovane Enrica, che quando lo vede ha bisogno di controllare Wikipedia – “Chi cazzo è? Ha vinto un Telegatto. Comunque era tanti anni fa. Insomma, è uno sfigato” – ma poi comincia a lavorare per lui, aiutandolo a far crescere fittiziamente la discussione sui social network sul suo programma. Il resto è un susseguirsi di scene comiche: come quando Bruno Brunori scopre che la filippina della famiglia di Enrica adora il suo programma ma i genitori, snob di sinistra, le impediscono di vederlo, e si lancia in una difesa accorata e grottesca degli immigrati; o quando si accorge che in una delle famiglie che il meter, l’apparecchio che misura il voto, è staccato e cerca disperatamente, ma invano, di rimetterlo in funzione.
Tutto il libro ruota, appunto, intorno all’ossessione dell’Auditel sulla quale il regista anni fa avrebbe voluto fare un film: “Citando Billy Wilder posso dire che quando ho un tema cerco una storia dentro la quale nasconderlo”, racconta Bernini. “E la storia è, da un lato, quella di un viaggio efferato alla ricerca di consensi, dall’altro quella della rappresentatività di questi meccanismi che in realtà non ci rappresentano affatto”. Perché, come dice alla fine un bizzarro filosofo opinionista della trasmissione, “l’Auditel è un sistema assurdo, che è lì da trent’anni, indiscusso, è la dittatura della quantità, la morte della bellezza!”. Ma il consenso sul Web non è da meno: “La conta delle visualizzazioni! I follower! I like! Lo stesso gesto che facevano gli spettatori al Colosseo per decretare i vincitori. Vi rendete conto di cosa siete diventati? Siete tutti appestati e non lo sapete!”.