Gli inseguimenti sui treni in corsa che evocano Castellari o il Runaway Train di Koncalovskij, i sidecar del Terzo Reich lanciati nottetempo tra i viali dell’Eur, i viaggi a Bangkok tra le spezie dei mercati locali, le riunioni con i golpisti nigeriani nelle baracche di Lagos, le colonne romane di un parco archeologico abbattute da un’autoambulanza attrezzata per i safari australiani, i colori saturati della periferia romana, della realtà che si fa giungla, allucinazione psichedelica, omaggio al genere, fumetto.
Lo sfacciato talento di Sydney Sibilia, 35 anni, torna a rielaborare la materia di Smetto quando voglio con la ferma intenzione di onorare il precedente. Teorizzando le possibilità di un cinema che esca dai confini, allarghi lo sguardo e si confronti con orizzonti distanti dall’asfittico tinello dominato dall’optalidon dei quarantenni depressi già irrisi a tempo debito da Nanni Moretti, Sibilia non si limita alla filosofia. Rischia e mette in scena la sua rivoluzione perché sostiene: “Gli 8 euro di ingresso vanno guadagnati”. Così con ben altri tipi di analgesico e molti fuochi d’artificio torna sul luogo del delitto per raccontare un’altra storia.
Tre anni fa, questo racconto scatenato e ilare su un’armata Brancaleone di brillanti e precari ricercatori universitari, costretti a lavorare da benzinai o lavapiatti e poi produttori in proprio di vendutissime smart drugs, trionfò. Pubblico e critica lodarono gli improbabili narcotrafficanti all’unanimità e piovvero premi, incassi e reciproche promesse di futuro.
“Riproviamoci”. È andata proprio così e sfatando il timore del sequel, Domenico Procacci, Matteo Rovere e Rai Cinema (i produttori) hanno messo in piedi con Sibilia il progetto di una trilogia.
Il secondo episodio della saga – Smetto quando voglio – Masterclass (il 2 febbraio in sala con 500 copie distribuito da O1, il terzo arriverà dopo l’estate) – forse più cerebrale e strutturato del primo e comunque riuscitissimo, ci presenta la banda in condizioni meno gloriose di qualche tempo prima.
Grazie alla distrazione di Stefano Fresi – finito fuori strada con mezzo chilo di pasticche nell’auto – è la Polizia adesso a guidare la danza. Greta Scarano, giovane agente della Narcotici, vuole smantellare il mercato delle cosiddette droghe legali e propone un patto con il diavolo al resto della banda. L’immunità, la fedina penale pulita e l’insabbiamento del processo, in cambio della ricerca attiva – quasi da infiltrati – sul campo. La libertà per Edoardo Leo e la cancellazione dei reati per tutti gli altri in cambio delle competenze accademiche.
L’incontro tra due mondi in una terra di mezzo. Eseguono, riformando la gang con invenzioni che descrivere sarebbe delittuoso: il carcerato Leo, il momentaneamente Libero di nome e di fatto, De Rienzo e poi Pietro Sermonti, Lorenzo Lavia, Paolo Calabresi, Valerio Aprea, Giampolo Murelli e Marco Bonini, uno più bravo dell’altro.
Nel cast, adeguati al livello, anche Valeria Solarino a un passo dal diventare madre e un loschissimo Luigi Lo Cascio. Brillano scrittura e divertimento in un contesto in cui il dichiarato intento di Sibilia: “Volevo alzare l’asticella” è evidentissimo. Un anno e mezzo per preparare le sceneggiature. Venti settimane di riprese. Mezzi e ricchezze non sprecati. Due anni fa il regista di Salerno si era ispirato alle atmosfere di Breaking Bad e all’avventura del professor Bryan Cranston per realizzare un prodotto comico e senza briglie che arrivasse a conquistare con la scorrettezza dell’assunto.
L’idea di contaminare con l’universo della delinquenza, antropologi e latinisti abitualmente impegnati con la semiotica interpretativa si rivelò geniale. Nell’evoluzione, rispetto allo Smetto quando voglio originale, si conferma la sorprendente padronanza di Sibilia nel dirigere senza flessioni un complicato lavoro corale e la sua indiscutibile abilità nel coniugare l’umorismo (si ride molto, sì) con il colpo di scena: “Unisco al mio amore per la commedia italiana, quello per il cinema d’azione degli anni Settanta: tra i miei film di culto ci sono Terminator 2, Ghostbusters 2, Indiana Jones, Amici miei e Fantozzi” dice lui.
Titoli diseguali e influenze diverse tra loro perché non esiste alto senza basso e privo di recinti e cartelli di divieto, è il pozzo a cui Sibilia attinge. Perfetti Sconosciuti, Jeeg Robot, L’ora legale, Smetto quando voglio. Aria buona nella Repubblica delle commedie.