Pochissime certezze. E ipotesi investigative ancora tutte aperte. Ma un dato sembra ormai quasi appurato: gli autori dell’atto intimidatorio ai danni di Andrea Bacci appartengono ad ambienti criminali estranei alla Toscana. Con ogni probabilità reclutati ad hoc. E sono due. Almeno quelli di lunedì mattina, quando si sono presentati fuori dalla sede dell’azienda Ab Florence a Scandicci e hanno sparato tre colpi (non due) contro la Mercedes dell’imprenditore parcheggiata all’interno. Volti travisati. Statura media. Armati di pistola uno e di mazza di legno l’altro. Hanno esploso due colpi, raccolto i bossoli da terra e se ne sono andati a piedi verso un mezzo presumibilmente parcheggiato nei paraggi ma fuori dalla portata delle telecamere di sorveglianza installate lungo l’intero perimetro dell’azienda. E se ne sono andati come erano arrivati: senza correre, nessuna agitazione. Quasi con calma. Questo è quello che mostrano le registrazioni visionate dagli inquirenti. Le registrazioni dell’agguato di lunedì mattina.
Nessuna immagine invece del secondo episodio intimidatorio, avvenuto poche ore dopo, tra le due e le quattro della notte tra lunedì e martedì. Le telecamere non hanno ripreso niente. Gli aggressori sono riusciti ad evitarle. Così come hanno evitato l’auto della società di sorveglianza che passa costantemente durante gli orari notturni. Eppure sono riusciti a esplodere tra i sei e gli otto colpi: sono stati repertati nove impatti, ma di questi due sono ritenuti “di rimbalzo”. E anche in questo caso hanno raccolto i bossoli. E sono spariti nel nulla.
Ieri mattina i Carabinieri della compagnia di Scandicci sono tornati sul posto per un ennesimo sopralluogo, il terzo. Hanno repertato alcuni frammenti di ogive che ora saranno trasmessi al Ris su richiesta dei magistrati della procura di Firenze titolari dell’inchiesta, Luca Turco e Christine Von Borries. Gli stessi pm che hanno indagato Bacci per il fallimento della Coam, azienda che ha lavorato all’ampliamento dell’outlet The Mall di Reggello ed è impegnata nella realizzazione di altri due outlet, uno in Liguria e un secondo a Taranto. Bacci è indagato per ricorso abusivo al credito: nei bilanci la Guardia di Finanza ha individuato crediti sovrastimati e debiti per oltre tre milioni di euro con quattro diverse banche. L’udienza per il fallimento della società è fissata per fine febbraio e non è escluso che l’imprenditore tenti di evitare la procedura coprendo l’esposizione bancaria. Anche per questo le indagini sul duplice agguato rivestono particolare importanza.
Gli inquirenti, a quanto si apprende, sono certi che gli atti intimidatori siano legati alle vicende che riguardano la Coam, non le altre attività imprenditoriali di Bacci, né l’Ab Florence né la squadra di calcio Lucchese di cui è presidente. Il fascicolo per il momento è un modello 44 (contro ignoti) e ipotizza anche il reato di estorsione. Da ieri, intanto, gli indirizzi in cui hanno sede le sue aziende, gli uffici e quello della sua abitazione sono stati inseriti nella lista degli obiettivi sensibili dalle autorità, da tenere sotto stretta sorveglianza durante i pattugliamenti delle forze dell’ordine. Nessun presidio fisso, al momento.
Sulle indagini vige un riserbo assoluto. La vicinanza di Bacci alla famiglia del segretario del Partito Democratico sta creando molto clamore in Toscana. E non solo. Bacci è amico fraterno di Matteo e del padre Tiziano, con quale è stato socio nel 1988 dell’azienda di famiglia dell’ex premier. Lo stesso Matteo lo ha poi nominato prima alla Florence Multimedia in Provincia di Firenze e poi in altre due controllate. Insomma: il legame è solido, profondo, noto. Con i Renzi e con buona parte del giglio magico. Le indagini sono dunque delicate. E gli inquirenti al momento perseguono un primo importante obiettivo: individuare i due aggressori. Solamente dopo potranno risalire al mandante.