L’atto di accusa contro Marcello De Vito, presidente dell’Assemblea capitolina, potrebbe aver avuto origine nell’Ufficio condoni del Campidoglio. È il sospetto che la Procura di Roma sta cercando di verificare. Così nell’ambito dell’inchiesta nata da un esposto del parlamentare Andrea Augello, è stata data una delega alla polizia giudiziaria per approfondire due aspetti: chi lavorava nell’ufficio condoni a dicembre 2015 e se ha avuto contatti con Raffaele Marra, l’ex braccio destro di Virginia Raggi arrestato a dicembre per corruzione e che, secondo quanto appreso dalla deputata M5s Roberta Lombardi e riferito ai pm, sarebbe “dietro” al dossier che azzoppò la candidatura a sindaco di Marcello De Vito.
La storia del “processo” interno, siamo nel dicembre 2015, all’allora consigliere comunale grillino – per un presunto “accesso ingiustificato” a una pratica di sanatoria edilizia – l’ha raccontata lui stesso in una bozza di denuncia mai depositata in Procura. La sua ricostruzione è stata smentita al Fatto dall’ex vicesindaco Daniele Frongia. Di quella vicenda, secondo quanto risulta al Fatto, furono informati in tempo reale anche Beppe Grillo e Davide Casaleggio, senza che all’epoca nessuno sollevasse sospetti su Marra.
Sentito dai pm, De Vito ha raccontato la vicenda in modo molto vago, non facendo il nome dell’ex braccio destro della Raggi. Lunedì è stato sentito anche Alessandro Canali, capo dell’ufficio legale del M5s in Regione Lazio. Ed è lui che mette i magistrati sulla pista dell’ufficio condoni: “Frongia – racconta Canali contattato ieri dal Fatto – mi disse che era stato avvertito di questo accesso agli atti dal dirigente dell’ufficio condoni”. Ora, i pm continueranno a sentire altre persone informate dei fatti, come alcuni deputati presenti alla riunione nella quale furono sollevate le accuse a De Vito: Alessandro Di Battista, Paola Taverna, Carla Ruocco.
Da un punto di vista penale la storia del presunto ruolo di Marra nelle accuse a De Vito potrebbe non avere conseguenze, ma servire ai pm per spiegare il legame tra lui e Raggi. Se quanto riferito da Lombardi trovasse conferma, Marra potrebbe aver avuto un ruolo nell’ascesa politica di Raggi proprio ai danni di De Vito (altro candidato forte alle primarie grilline per il sindaco di Roma) o almeno è quanto sostiene quest’ultimo in privato.
Per capire la vicenda bisogna tornare all’esposto di De Vito. Il Fatto ha visionato la bozza della denuncia, poi non presentata, che De Vito scrisse coi suoi consulenti legali. I fatti raccontati sono questi: il 28 dicembre 2015, Virginia Raggi, Daniele Frongia ed Enrico Stefano (gli altri 3 consiglieri romani M5s dell’epoca) organizzano una riunione con gli eletti 5 Stelle nei Municipi. In assenza di De Vito, lo accusano di aver compiuto un reato: un “abuso d’ufficio in relazione a una richiesta di accesso agli atti”. Il 19 marzo 2015 infatti De Vito s’era procurato una pratica di sanatoria edilizia su un seminterrato al quartiere Aurelio. Il 7 gennaio 2016, i 3 consiglieri lo invitano a una nuova riunione: presenti anche i deputati Ruocco, Di Battista, Lombardi e Taverna. Qui le accuse vengono riferite all’interessato. Subito dopo la riunione, De Vito scrive una email in cui spiega che l’accesso agli atti era stato fatto su richiesta del gruppo M5S in Regione Lazio e allega la mail dell’avvocato Paolo Morricone: l’accesso “è scaturito da una segnalazione di un privato: sosteneva che il proprietario dell’appartamento poteva aver spinto qualcuno dell’amministrazione per farsi concedere l’agibilità (…) È molto avvilente; la vicenda però è anche grave”.
Tra gli allegati della bozza di denuncia ci sono anche alcuni messaggi inviati per errore, prima della riunione, da Taverna a Raggi: “E di chi è la colpa Virginia? Di Marcello? Di noi parlamentari che leggo suscitare considerazioni e valutazioni severe?”. Taverna sostiene che sarebbe stato meglio che le “Comunarie” sul Web per il candidato sindaco fossero già iniziate, ricorrendo ai normali “ strumenti democratici interni al gruppo” e senza “squallidi tribunali speciali che, se anche fossero giustificabili nel merito, sono deprecabili sia nel metodo che nella composizione”.
Dopo che Il Fatto rivela la storia del dossier, a luglio, arriva in Procura un esposto. Agli atti, ora, si trova anche una “testimonianza” che scagiona De Vito sull’accesso agli atti del 2015. Canali ha confermato che fu il gruppo in Regione a chiedere l’intervento di De Vito, che però ha dovuto accontentarsi della poltrona di presidente dell’Assemblea capitolina.
Riceviamo e pubblichiamo da ALESSANDRO CANALI