“Eravamo la Terza Internazionale più Carminati”: Salvatore Buzzi, in collegamento con Roma dal carcere di Tolmezzo, conclude così la sua deposizione show trasmessa nell’aula bunker di Rebibbia e sullo schermo c’è anche Massimo Carminati, detenuto al 41 bis ma a Parma; in piedi, maglione nero, quando Buzzi finisce di parlare, Carminati rivolto verso la telecamera che lo riprende lo omaggia alzando il braccio destro, mano tesa, saluto fascista e poi un’esultanza da stadio. Mafia Capitale si riprende la scena, mister cooperative sociali Buzzi ha concluso la sua deposizione – lunedì si continuerà con il contro esame – intanto lo Stato è di nuovo sbeffeggiato tra saluti romani, battute e messaggi di sfida dei protagonisti del “Mondo di mezzo” arrestati il 2 dicembre 2014. La presidente del tribunale Rosanna Ianniello lascia fare, ma guarda gli schermi e appunta tutto.
Nell’aula bunker di Rebibbia non c’è la folla delle grandi occasioni ieri, Mafia Capitale ormai non è più sulle prime pagine da tempo, però si avverte la tensione dei momenti topici. L’avvocato Pasquale Bartolo, difensore dell’ex amministratore delegato di Ama Franco Panzironi, battibecca con il collega Alessandro Diddi, legale di Buzzi, durante la deposizione di Paolo Di Ninno, il commercialista dell’ex capo delle cooperative. “Professorino”, “cialtrone”, “non sopporto stupidi che pensano di essere intelligenti”, accuse e insulti tra i due legali nell’attesa del protagonista di giornata, Salvatore Buzzi. “Dirò cose che so soltanto io, spiegherò a chi andavano i soldi, e vedrete che ci saranno sorprese”, dice l’ex leader della coop 29 giugno, mentre il suo avvocato comunica che “farà chiarezza su tutti i pagamenti alla politica, dichiarati e occulti, non resterà fuori nessuno”.
Nelle gabbie a lato, tra gli altri imputati, c’è Luca Gramazio, l’ex capogruppo del Pdl in Consiglio regionale del Lazio: per gran parte dell’udienza tiene la testa sul tavolo, appoggiata sopra le braccia. Mostra il volto poche volte, per scambiare qualche impressione con i legali e poi quando parla Buzzi.
L’avvocato Diddi alza la palla al suo assistito in modo che la schiacciata di Buzzi sotto rete diventi una lunga esaltazione dell’esperienza di redenzione in carcere negli anni ’80 – era detenuto per un efferato omicidio – fino alla laurea conseguita dietro alle sbarre, alla creazione delle cooperative sociali mentre il mondo della sinistra romana comincia a osannarlo e ad aprirgli tutte le porte. Storia arcinota. Buzzi all’inizio è incontenibile, tanto che Giosuè Naso, avvocato di Carminati, lo interrompe sorridendo sornione: “Sia meno irruento, altrimenti non capiamo niente, sono conscio che sta pregustando questo momento da due anni e mezzo”.
Ecco Buzzi. La cooperativa 29 giugno? “Eravamo un sistema perfetto, il fiore all’occhiello di Legacoop”. Carminati? “Non contava niente: la Procura di Roma agisce come Brunelleschi con la prospettiva, fa apparire grandi le cose piccole. Carminati era un amico, non rinnego la sua amicizia, ma lui nelle mie cooperative non contava nulla: era presente alle nostre riunioni per funzioni, non per il nome. Io guadagnavo 3.800 euro al mese come dipendente della 29 giugno, più 2.200 come co.co.co. della Eriches. Quattro volte lo stipendio di un operaio, sono di sinistra, volevo essere coerente”. Buzzi, quindi, elenca altre cariche, altri incarichi e altri meriti. “Negli anni 80 a un certo punto mi trasferirono nelle sezioni delle carceri dove c’erano i neofascisti. Là ho conosciuto Gianni Alemanno e Carminati. Mi sono trovato benissimo”. Poi la redenzione e le cooperative, il “rosso” amico dei “neri”: “Eravamo la Terza Internazionale più Carminati”. Che risponde – così come il suo fedelissimo Riccardo Brugia, ripreso dal carcere di Terni in un terzo riquadro sullo schermo – con il saluto romano.
*Aggiornato da redazione online alle ore 11 e 30 del 9 marzo 2017