Il leader dei “Drughi”, il principale gruppo ultrà della Juventus, sarà sorvegliato speciale per tre anni. Dovrà sottoporsi ai controlli e adeguarsi alle imposizioni: trovare un lavoro, rientrare a casa prima delle 21, non frequentare bar, non detenere armi. Imposizioni difficili da rispettare per Gerardo Mocciola, noto nell’ambiente come Dino dei “Drughi”, che ha fatto della vita ai margini la sua cifra. Lo ha deciso il Tribunale di Torino, sezione Misure di prevenzione, il 23 dicembre scorso dopo la richiesta della Procura del 1° luglio scorso, giorno degli arresti dell’operazione “Alto Piemonte” che ha rivelato gli interessi della criminalità organizzata nel bagarinaggio. Per questa inchiesta, oggi la commissione parlamentare antimafia sentirà l’avvocato della società bianconera, Luigi Chiappero.
Mocciola, classe 1963, cresciuto in un quartiere operaio tra Torino e Moncalieri, è un ex allievo della scuola di polizia di Trieste da cui viene subito allontanato per la sua aggressività nel 1982. Il 12 giugno 1983, i poliziotti lo arrestano per il pestaggio di due tifosi interisti. Era il primo di una serie di arresti: fu preso anche a Genova e a Firenze, dove – riportano le cronache – era accusato di aver preso a sprangate un carabiniere. I militari dell’Arma sono protagonisti di un episodio significativo: il 28 gennaio 1989 a San Giacomo Vercellese Mocciola rapina un furgone della posta insieme a due carabinieri e, nel corso di un controllo, rimane ucciso l’appuntato Salvatore Vinci. Il 1° luglio 1992 la Cassazione condanna Mocciola a venti anni di carcere per concorso in omicidio e una sfilza di altri reati.
Il capo dei “Drughi”, colui che ha imposto l’italianizzazione dei nomi dei gruppi, sparisce per un po’, ma non si placa. Anzi, in carcere a Brissogne (Aosta) partecipa a una maxi-rissa che vede da una parte i calabresi e dall’altra i pugliesi. Quando esce di cella è più forte e ha agganci più potenti. “Agli inizi del 2005 – si legge in un’informativa della Digos dello scorso settembre –, riuscì, grazie all’appoggio della locale criminalità organizzata, a riportare in auge il gruppo dei ‘Drughi’, del quale è ancora oggi il leader indiscusso”. Nel vecchio Stadio delle Alpi si prende una fetta della curva Sud costringendo i rivali del gruppo “Tradizione” dei fratelli Toia ad andare nella curva Nord con i “Viking” di Loris Grancini e “Nucleo 1985”. Accanto a loro, invece, restano i “Bravi Ragazzi” capeggiati da Andrea Puntorno, contro i quali comincia una guerra.
Nel corso di una rissa nel 2006 ad Alessandria, Mocciola rimedia una coltellata. E nel 2009 viene aggredito da ignoti. Per porre un rimedio si rivolge a due persone ritenute vicino alla ’ndrangheta: Antonino Corleto e, soprattutto, Placido Barresi, cognato di Mimmo Belfiore, condannato come mandante dell’omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia, ucciso nel 1983, per il quale è ancora in corso il processo al presunto esecutore materiale. Barresi suggerisce di calmarsi per salvare gli affari e così avviene, anche se le tensioni tra tifoserie restano alte soprattutto all’apertura dello Juventus Stadium nel 2011, con la decisione del club di concentrare nella curva Sud tutti i gruppi. In tutti questi anni – osservano i giudici – accumula denunce, condanne e Daspo, l’ultimo dei quali risulta essere emesso dal questore di Bergamo il 4 aprile 2014 per gli scontri di Atalanta-Juventus dell’8 maggio 2013, un divieto che dovrebbe tenerlo lontano dalle curve per cinque anni. Nonostante tutto questo “non ha mai mostrato alcuna forma di ravvedimento”, si legge nel decreto di dicembre.
Presente o assente, in curva non si muove foglia che “Dino” non voglia: anche lontano dagli spalti, riesce a gestire i “Drughi” tramite i suoi colonnelli. Quando uno di loro lo abbandona, lui lo prende a schiaffi. È successo così a Raffaello Bucci, l’ultras passato a lavorare per la Juventus, morto suicida il 7 luglio scorso dopo essere stato interrogato dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Torino. Gli investigatori avrebbero voluto interrogare anche Mocciola, ma lui era irreperibile, come lo è stato per i giudici e per il suo avvocato durante il recente procedimento per la sorveglianza speciale. Per i magistrati Mocciola ha un “ruolo cardinale per l’inserimento in questo ben strutturato sistema di bagarinaggio”. Gli agenti della Squadra mobile lo notano in alcuni incontri con Saverio e Rocco Dominello, ritenuti dai pm esponenti della cosca Pesce-Bellocco della ‘ndrangheta, e anche Fabio Farina e Giuseppe Sgrò: erano i “Gobbi” che avevano bisogno della sua “autorizzazione” per entrare in curva.