Il ruolo di Emiliano in un Pd che non merita il caso Consip

19 Marzo 2017

 

“Primarie, il 75% sta con Renzi, Orlando fermo al 19%, Emiliano al 7” (La Stampa).

Dico subito che se votassi alle primarie del Pd, voterei per Michele Emiliano. Non vivo a Bari e quindi non mi azzardo a scrivere su ciò che non conosco, ma osservo che se dopo essere stato per dieci anni il sindaco di una città così importante e difficile, Emiliano dopo è riuscito a farsi eleggere governatore della Regione Puglia con il 47% dei voti, vuol dire che ha saputo conquistare con merito e conservare la fiducia di tante persone. Aggiungo che non sono il solo a simpatizzare con una certa sua autenticità da uomo del Sud che egli trasmette istintivamente anche grazie alla mole da Bud Spencer del Tavoliere. Bene, adesso, dopo tanti complimenti, vi chiederete dove voglio arrivare. È presto detto: se prima non avevo ben compreso il perché della sua candidatura alle primarie del Pd, oggi la capisco ancora meno alla luce dei sondaggi che a poco più di un mese dal voto (il 30 aprile) gli attribuiscono un misero 7 per cento (l’ultimo della volta scorsa, Pippo Civati, raccolse il 14). Con le persone che si stimano, bisogna essere schietti e spero che Emiliano non se ne avrà a male se temo che se confermato al traguardo (e perfino se raddoppiato) un risultato del genere non gioverebbe alla sua immagine, fin qui vincente. E neppure al suo ruolo in Puglia.

Sono convinto che Emiliano consideri la politica soprattutto come testimonianza e che nei giorni che mancano saprà imprimere tutto il vigore possibile ai temi per cui si è sempre battuto: la lotta alle mafie, alla corruzione, al razzismo e contro i tanti che continuano a guardare il Mezzogiorno con le lenti del pregiudizio invece che valorizzarne le straordinarie potenzialità. Benissimo, ma come Emiliano sa, in democrazia alla fine contano i numeri e si è giudicati soprattutto per quelli. Non voglio ritornare sulle circostanze un po’ confuse che hanno portato alla sua candidatura quando sembrava che fosse sul punto di abbandonare il Pd insieme a Bersani, Speranza e Rossi. Penso che abbia fatto bene a restare in una comunità che non merita le umiliazioni del caso Consip o del “salva-Minzolini”. Vorrei che questo popolo si sentisse rappresentato più da Emiliano che da Renzi, perciò non mi rassegno all’idea che alla fine dei giochi a vincere (e forse anche a stravincere) sia il Pd degli affari e non il partito delle tante belle persone che ho conosciuto quando ero direttore dell’“Unità”. Caro Emiliano, la prego, ci rassicuri che non finirà così.

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