L’omicidio del poveretto di Budrio, un barista ucciso da un militare professionista che lo avrebbe ammazzato anche se avesse avuto alla cintura due Colt 44 magnum, trova tutti d’accordo: riformiamo la legittima difesa. Come dire: Tizio è stato colpito da un fulmine, riformiamo i parafulmini. Ed eccoli tutti a proporre la loro soluzione: non sanno quello che dicono ma parlano lo stesso.
In sostanza la riforma consisterebbe in una nuova ipotesi di legittima difesa: sarebbe lecito fare uso delle armi per respingere “l’ingresso in un’abitazione privata o in luogo ove si eserciti un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale quando ciò avvenga tramite effrazione o contro la volontà del proprietario, con violenza o minaccia di uso di armi e da parte di una persona travisata o di più persone riunite”.
L’art. 52 del codice penale consente, negli stessi luoghi indicati nel progetto di riforma, di fare uso di “un’arma legittimamente detenuta al fine di difendere la propria o la altrui incolumità o i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione”. Dunque l’uso delle armi è già consentito nei casi di ingresso in questi luoghi, quando sussista “violenza o minaccia di uso di armi e da parte di una persona travisata o di più persone riunite” (come recita il progetto di riforma) poiché in questi casi evidentemente sussiste il “pericolo di aggressione” previsto alla norma attuale. Restano fuori i casi di ingresso con effrazione o contro la volontà del proprietario.
Non a caso; se vi rientrassero sarebbe una vera catastrofe. Un paio di esempi valgono più di molte considerazioni. Un ladro forza il cancello del giardino di una villa o la porta di un appartamento con il proposito di rubare tutto quello che può. Il proprietario si è dotato di un’arma legittimamente detenuta. Potrebbe puntarla verso il ladro, ingiungergli di andarsene e chiamare la polizia. Il ladro potrebbe obbedire o estrarre a sua volta un’arma. Nel primo caso non c’è motivo di sparare (il furto in abitazione non prevede la pena di morte); nel secondo sì, il che però è già consentito dalla legge attuale.
Quanto all’ipotesi che l’ingresso nell’abitazione avvenga contro la volontà del proprietario, le conseguenze sarebbero ancora peggiori. Non pago da tempo le spese per il consumo dell’acqua o del gas e così l’esattore si introduce in casa abusivamente, per controllare i miei contatori; oppure il vicino si introduce di soppiatto in giardino per tagliare un albero le cui fronde lo infastidiscono, per il che c’è da tempo un lungo contenzioso; in tutti e due i casi ciò avviene contro la mia volontà. E sarei autorizzato a sparare!
Tutto ciò su un piano giuridico. Ma ciò che dimostra quanto sia dissennata questa corsa ad ampliare i casi di uso legittimo delle armi è una considerazione banale. L’arma è uno strumento; bisogna saperla usare. Non basta certo esercitarsi in un poligono di tiro una o due volte al mese: prendi la pistola, inspira, punta al bersaglio, espira, tira piano il grilletto, lascia cadere il braccio, ricomincia… Occorre un addestramento specifico, quello che hanno i militari e, sfortunatamente, i delinquenti. In uno scontro a fuoco, l’onesto cittadino che paga le tasse (e anche l’evasore fiscale) soccombe.
E poi qualsiasi ufficiale di Polizia o dei Carabinieri può spiegare qual è lo svantaggio più grande di una persona comune in un confronto armato con un delinquente: se si estrae un’arma bisogna usarla, subito, senza indugi; perché comunque l’altro, il delinquente, la estrarrà a sua volta e ti ammazzerà. E la persona comune questo non riesce a farlo: deve superare un condizionamento che gli impedisce di premere il grilletto e, nel tempo che ci mette a farlo, muore. Esattamente come si vede in migliaia di film western, dove l’onesto allevatore viene ammazzato dal pistolero.
Alla fine, con quante vite che si sarebbero salvate senza una reazione armata sarà pagato il trionfo di un gioielliere che riesce ad ammazzare il suo rapinatore?