Antonio Campo Dall’Orto l’ha capito da un po’. Da quando Matteo Renzi ha smesso di chiamare e i messaggi, non proprio di apprezzamento, gli sono arrivati tramite i consiglieri renziani che siedono in cda Rai, rapidi nel mutare atteggiamento, prima sostenitori e poi detrattori. Il direttore generale l’ha capito da un po’: l’esperienza in Viale Mazzini è finita con un anno di anticipo. Ora dovrà scegliere le modalità di uscita: con le dimissioni, da rassegnare nei prossimi giorni oppure con la sfiducia in Cda – già fissato il 4 maggio – per guadagnarsi le stimmate dell’epurato, però accanto alle impronte digitali dell’ex amico Matteo.
Il rapporto con l’ex premier era compromesso dal referendum (Renzi gli ha imputato lo scarso supporto della televisione pubblica), ma la situazione è precipitata con l’inchiesta di Report sul salvataggio del quotidiano l’Unità e i benefici che ne avrebbe tratto la nuova proprietà, la Pessina costruzioni. Campo Dall’Orto s’è comportato in maniera molto corretta con la trasmissione di Rai3, senza ostacolare la messa in onda, mentre gli avvocati di Renzi spedivano lettere per minacciare querele. L’ex premier ha trascorso lunedì e martedì al telefono con i consiglieri renziani in Cda, soprattutto con Guelfo Guelfi e Rita Borioni, armati per rovesciare il capo dell’azienda. Guelfi ha definito “ignobili” certe trasmissioni e, senza perifrasi, ha svelato il pensiero di Renzi. Campo Dall’Orto ha fallito su Rai3, lì dove il renzismo non ha attecchito mai e lì dove resiste un’eredità di sinistra.
Oltre all’ultimo episodio di Report, l’ex premier non ha gradito la riconferma di Lucia Annunziata e la prima serata affidata a Bianca Berlinguer. Il mandato di Campo Dall’Orto, però, è disseminato di errori. Per esempio, l’Autorità Anticorruzione è costretta a intervenire di nuovo sulla nomina di Genséric Cantournet, il responsabile della sicurezza, selezionato da una società del padre e non ancora rimosso. E ancora: troppi esterni assunti, ritardi sul progetto editoriale, i conflitti sul piano di produzione, i conti abbelliti con l’extra-gettito del canone. Così Paolo Messa spiega la posizione sul bilancio: “La mia astensione è una bocciatura nel merito che non riguarda i palinsesti, ma i numeri della gestione e la governance più in generale. I verbali degli ultimi mesi testimoniano con chiarezza come sia stato il vertice aziendale a sfiduciare il Consiglio aggirandolo costantemente e senza neppure tenere conto dei rilievi di Anac. Quella di questi giorni non è una valanga improvvisa, ma una frana che lentamente si avvicina a valle”. Campo Dall’Orto non dispone di estimatori nel governo, ma l’azionista Tesoro e il premier Gentiloni sanno che toccare la Rai scatena sempre delle tensioni politiche.
Il presidente Monica Maggioni è pronta a subentrare a Campo Dall’Orto per una “reggenza” di un anno, in questi giorni ha rassicurato il Cda e la politica per suggerire una soluzione comoda. La giornalista avrebbe il consenso dei consiglieri e la copertura del centrodestra. Il direttore generale defenestrato dal partito che l’ha promosso è un classico di Viale Mazzini. Ma va riconosciuto un merito a Renzi: è la prima volta che un cittadino, al momento sprovvisto di cariche politiche, licenzia il dg Rai.