È ufficiale: Renzi è tornato (e – canta subito la Meli sul Corriere – “è determinato”). “Quando mi sono dimesso volevo davvero mollare tutto. (…) Sono stato circondato dall’affetto, dalla cura, dall’esigente attesa, anche dalla rabbia di tantissime donne e uomini. (…) Debbo molto a queste persone perché mi hanno costretto a guardarmi in faccia. Mi hanno costretto a fare i conti con la parola responsabilità”. E via sulle note dell’inno di Mameli e le parole di Ligabue: “Ho fatto in tempo ad avere un futuro, che non fosse soltanto per me”. Ad avercelo un futuro, dicono gli italiani, da soli o in compagnia poco importa.
Renzi è tornato per “responsabilità”, “esigente attesa” e perché “costretto”. Fosse stato per lui avrebbe mollato tutto. Capito la generosità? L’ha fatto per noi!
Renzi è tornato vincendo le primarie. Una prova di democrazia (anche se guastata dall’ennesima inchiesta per irregolarità), ma un po’ più smunta rispetto al 2013, visto che – con 1,8 milioni di votanti – ben un milione di elettori l’ha perso per strada.
Renzi è tornato segretario del Pd prendendo meno voti di tutti i precedenti segretari: 1,2 milioni contro l’1,8 che raccolse nel 2013 (oltre 600 mila voti persi da solo); l’1,6 di Bersani nel 2009 e i quasi 2,7 milioni di Veltroni nel 2007.
Renzi è tornato conquistando soprattutto gli elettori over 64, vincendo al Centro-Nord (dove l’affluenza si è quasi dimezzata, anche nelle Regioni “rosse”) e al Sud (record del 90% a Salerno, dove ha votato più gente che in tutta Napoli, che pure ha il triplo degli iscritti).
Renzi è tornato dopo che la sua riforma costituzionale è stata bocciata dagli italiani e il suo Italicum dalla Consulta. Ora che ha vinto vorrebbe andare alle Politiche (e lo vorrebbero anche gli italiani) ma, nonostante i suoi 3 anni di governo, non abbiamo una legge elettorale per farlo.
Renzi è tornato e, nonostante il suo Jobs Act, il tasso di disoccupazione è all’11,7%, con addirittura 59 mila disoccupati in più tra gli over 50 in un solo mese. Solo per citare l’ultimo boom.
Renzi è tornato all’indomani della “manovrina” da 3,4 miliardi, cui siamo stati costretti dall’Ue perché il suo governo aveva sballato i conti, per tutti i bonus elettorali fatti per vincere il referendum.
Renzi è tornato all’indomani del commissariamento di Alitalia e del prestito ponte da 600 milioni di euro. Lui che nel 2015 diceva “Allacciate le cinture, Alitalia decolla per nuove destinazioni. Il decollo di Alitalia è il decollo dell’Italia. È finito il tempo in cui anche in questo settore bastava lamentarsi. Lavorando duro, l’Italia riprende il volo”; ora scarica ogni responsabilità su Letta e Gentiloni: “Alitalia è uno dei pochi dossier non visti nei mille giorni, perché la scelta di Etihad è stata del governo precedente e la crisi Alitalia è esplosa nella seconda metà di dicembre, dopo il passaggio della campanella con Gentiloni”. Che culo, eh? Lui c’è solo per tagliare nastri, mica posti di lavoro.
Renzi è tornato – come se nulla fosse – inscenando non una rivincita bensì una ripartenza, un nuovo inizio, come se per mille (mille) giorni non avesse già governato. Anche perché, considerati i trascorsi, l’unica è rimuovere e (fingere) di ricominciare da zero. Gli italiani invece se lo ricorderanno?