Se un fumetto riesce a passare dal regno quasi-amatoriale (perché gratuito) della Rete alla carta stampata (che costa e dunque si paga) significa che ha superato già un notevole filtro di qualità, che è riuscito a farsi notare, a sedurre un editore disposto alla rischiosa operazione di investire su un fumetto già tecnicamente pubblicato, anche se soltanto in digitale. Magic Press ha scommesso su Walter dice, uscito online su Verticalismi.it. Il risultato è un mix che funziona: c’è il ritmo rapido di lettura che è necessario a ogni serie web, ma l’ottima carta, una buona resa dei colori e una cura editoriale notevole sono la giusta premessa per arrivare a un pubblico più largo di quello digitale.
La sceneggiatura costruita dal giovane Dario Sicchio (1990) ha il passo da serie tv, cosa che non stupisce visto che Dario fa anche il montatore: niente didascalie perditempo, niente spiegoni (di quelli che spezzo zavorrano il fumetto italiano da edicola). Molta azione con un pizzico di compiacimento splatter alla Quentin Tarantino: Walter è un nerd, diciamo un Dilbert per rimanere in ambito fumettistico, uno di quei colleghi senza personalità e dalle mansioni imprecisate in cui tutti ci siamo imbattuti. La serie si chiama Walter dice, ma Walter è quasi sempre zitto. Subisce. Poi un giorno il pendolo inizia il suo percorso di ritorno, e Walter restituisce. E ne ha per tutti, per la moglie che lo tradisce, per l’amante di lei per il suo capo. E alla fine Walter emerge quasi come un eroe, per quanto con parecchie macchie (di sangue), perché almeno riesce a riequilibrare la bilancia cosmica dell’ingiustizia, compensando i soprusi con una violenza cartoonesca ma non per questo meno efferata.
I disegni di Lorenzo Malagotti (1991) dimostrano che in Italia si può fare fumetto d’azione e divertente senza scadere nel già visto. Malagotti ha un tratto netto e sicuro, valorizzato dalla bicromia (diversa per ogni episodio). Ma soprattutto è uno dei quei disegnatori che riesce a raccontare usando il montaggio, l’arte della sequenza, capace di reggere intere tavole mute in cui si ripete sempre la stessa sequenza con impercettibili ma decisive variazioni che scandiscono il tempo dell’azione.
Unica pecca: il finale è meno coraggioso del resto della storia. Ma forse è necessario a ipotizzare un seguito. Che aspettiamo.