Alle 19.34 del 3 febbraio 2015 il direttore generale di Veneto Banca Vincenzo Consoli chiama sul cellulare il vicepresidente della Popolare dell’Etruria Pier Luigi Boschi. Dieci giorni prima il governo Renzi ha varato per decreto legge la riforma delle banche popolari, che impone la trasformazione in società per azioni alle più grandi, compresa Etruria. Una settimana dopo la banca aretina sarà commissariata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan su proposta del governatore di Bankitalia Ignazio Visco.
La telefonata è calma nei toni, drammatica nella sostanza. Boschi è in cerca di un salvatore per la sua banca. Consoli manifesta disponibilità, verosimilmente desideroso di acquisire benemerenze presso Palazzo Chigi che gli valgano da tutela contro la persecuzione di cui si sente oggetto da parte del capo della Vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo. A un certo punto Consoli fa una domanda e Boschi gli risponde: “Domani in serata se ne parla, io ne parlo con mia figlia, col presidente domani e ci si sente in serata”. La figlia è Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme. Il presidente è Matteo Renzi.
Questa telefonata è il terzo pesante indizio che il ministro Boschi, nonostante abbia sempre giurato di non essersi mai occupata della banca di cui il padre era vicepresidente, ha fatto i suoi bravi tentativi di togliere qualche castagna dal fuoco al suo papà.
Il primo è contenuto nel libro di Ferruccio de Bortoli Poteri forti (o quasi), uscito all’inizio di maggio, dove si riferisce che il ministro Boschi, nel 2015, avrebbe chiesto al numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni di intervenire per salvare Etruria. Ghizzoni non ha mai smentito, Boschi ha smentito e affidato all’avvocato Paola Severino l’incarico di querelare De Bortoli, la querela non è ancora arrivata.
Il secondo indizio è stato pubblicato dal Fatto l’11 maggio scorso, riferendo della riunione che nel marzo del 2014, a pochi giorni dalla nascita del governo Renzi e della nomina di Maria Elena Boschi a ministro delle Riforme, si è svolta a Laterina nel salotto di casa Boschi: Boschi padre (non ancora vicepresidente ma semplice consigliere), il presidente di Etruria Giuseppe Fornasari, il presidente di Veneto Banca Flavio Trinca e l’ad Consoli hanno spiegato alla ministra i problemi drammatici delle rispettive banche, alle prese anche allora con gli interventi ritenuti scorretti del solito Barbagallo. La Boschi non ha smentito né commentato in alcun modo.
Adesso c’è la telefonata del 3 febbraio 2015. È passato un anno dall’incontro di Laterina. Consoli si dà del tu con Boschi e il rapporto sembra oliato, ma il direttore generale di Veneto Banca non si fida più tanto della Boschi come interlocutore. Poco prima di chiamare suo padre si consiglia con Vincenzo Umbrella, capo della sede di Firenze di Bankitalia, e gli dice: “Io chiamo Pier Luigi e vedo se mi fa, mi fissa un incontro, anziché con la figlia, direttamente col premier”.
Poco dopo chiama davvero Boschi, e l’esordio dimostra che il dialogo è ormai fitto e oliato: “Novità sul nostro fronte?”. Boschi gli risponde che è stato fatto un “passaggio sulla Capitale” e che gli è stato detto che per unire gli istituti di credito serve un aumento di capitale garantito dal consorzio, così la Bce dà l’ok. Si parla di una fusione tra Etruria e Veneto Banca. Boschi infatti teme che un altro possibile salvatore, la Popolare dell’Emilia Romagna (Bper), “ci vogliano prendere dal commissariamento”.
Il padre del ministro aggiunge pure che “lui”, cioè Renzi, non sarebbe contrario ma crede che le banche non abbiano il tempo di organizzarsi. Consoli chiede da chi ha avuto queste informazioni: dalla vigilanza di Banca d’Italia? No, ribatte Boschi, da ambienti “un pochino più sopra”. Il problema è quindi il tempo a disposizione. Consoli dice che deve vedere qualche giorno dopo un esponente importante della Popolare di Vicenza. È la banca di Gianni Zonin, a cui un anno prima Barbagallo voleva che sia Veneto Banca che Etruria si consegnassero. Adesso il vento è cambiato, a Vicenza stanno entrando gli ispettori della Bce, anche Zonin è alle corde. Consoli chiede a Boschi se con quelli di Vicenza deve affrontare l’argomento. È qui che Boschi gli dice di aspettare: “Domani in serata se ne parla, io ne parlo con mia figlia, col presidente domani e ci si sente in serata”.
Consoli insiste: “Devi lavorare perché ci diano più tempo, ma anche perché, cosa fanno, aprono un altro fronte?”. Boschi replica: “Ma infatti noi si sta lavorando però ora il problema è il periodo difficile della storia.. è difficile parlare, ecco… sennò figurati”. Consoli ribadisce la sua disponibilità: “Noi siamo a disposizione… ma io lo faccio anche con spirito di servizio eh, anche perché questo sistema bancario ce lo stanno ammazzando”.
È qui che Boschi avanza il sospetto che Bper si voglia prendere Etruria dal commissariamento, cioè a prezzo di saldo. Consoli gli chiede se Roma glielo consentirebbe, Boschi dice che si tratta solo di un suo pensiero (in effetti non Bper ma Ubi alla fine si è presa Etruria per 1 euro). Alla fine Consoli dice la cosa per cui aveva chiamato, prega Boschi di far presente a Renzi, che è al governo da un anno e non è mai riuscito a incontrare in nessun modo, che gli vorrebbe parlare. Boschi lo rassicura. Adesso resta solo da capire se Maria Elena Boschi continuerà a giurare di non essersi mai occupata di Banca Etruria.
Per un mero errore materiale, sull’edizione cartacea del Fatto Quotidiano la telefonata era datata 3 marzo 2015. Ma, come già si poteva evincere dai riferimenti al decreto sulle Popolari e al commissariamento di Etruria, si trattava in realtà del 3 febbraio 2015.