Tanti anni fa, in un convegno: “Quando muore un operaio qualcuno deve pagare”. Applausi. Io: “Sì, se ci sono prove della sua responsabilità”. Silenzio. Qualcuno disse: “Stai parlando come uno di destra”. Oggi si ragiona (?) nello stesso modo per gli omicidi di donne in ambito familiare. Si è coniato un nuovo termine, femminicidio. Maschicidio non lo usa nessuno, non lo riconosce nemmeno il correttore automatico; eppure su 100 omicidi in ambito familiare, i maschi uccisi sono il 39%. Tant’è, le crociate integrano socialmente. Oggi godimento generale: il Tribunale di Messina ha stabilito che la morte di Marianna Manduca, uccisa dal marito Saverio Nolfo, era dovuta a colpa dei magistrati, inerti pur dopo 12 denunce della donna. Fossero intervenuti, la poveretta sarebbe ancora viva. Una crociata appunto.
Marianna e Saverio non vanno d’accordo. La donna, il 27/9/2006, denuncia il marito per maltrattamenti: è – dice – un tossicodipendente; e il 10/10 chiede la separazione. Poi altre querele: 12/10 (mi ha detto “bugiarda” e ha sbattuto il portone); 14/10 (ha sbattuto una porta e ha rotto un vetro); 7/11 (mi ha cagionato lesioni); per lo stesso episodio il marito la querela a sua volta: sono stato aggredito da mia moglie e dai suoi genitori, le lesioni le ho subite io. Il Tribunale dà torto alla moglie: il Sert dice che il marito non è tossicodipendente, una perizia esclude patologie psichiatriche, i figli sono affidati al padre. Il 4,15,16,17/1 e il 4/3/07 Marianna presenta altrettante querele: mio marito non mi fa vedere i bambini, ha buttato le mie cose in strada, mi ha dato uno schiaffo (non visto da un testimone presente ai fatti). Il 20/3 è il marito che querela: Marianna ha danneggiato la porta della mia casa con una bombola del gas e ha tentato di investirmi con la macchina. Il 31/8 è la volta della moglie: ha danneggiato la mia macchina con calci e pugni (i CC non constatano alcun danno). Nessuno di questi reati consente misure cautelari: il reato di stalking sarà introdotto solo il 25/2/2009. E poi: chi sta perseguitando chi? Però, il 2/6 e il 3/9, nelle querele della moglie compare un coltello: mio marito lo ha estratto con aria di sfida e ci si è pulito le unghie; mi sento minacciata. E, il 4/10, Saverio uccide Marianna con un coltello. Carmelo Cali (ha adottato i tre figli della Manduca) chiede un risarcimento danni: la morte è avvenuta per colpa dei magistrati che non hanno messo in prigione Saverio, non lo hanno sottoposto a Tso, non lo hanno internato in ospedale psichiatrico e non hanno disposto una perquisizione che avrebbe consentito di sequestrare il coltello. Il Tribunale respinge le prime tre argomentazioni: per i reati denunciati dalla Manduca, ammesso fossero sussistenti, non erano consentite misure cautelari; Nolfo era sano di mente e dunque non era consentito né il Tso né il ricovero in ospedale psichiatrico. Però la perquisizione… quella sì. Se fatta, il coltello sarebbe stato trovato e Nolfo non avrebbe ammazzato la moglie.
Dissennato. Manca ogni prova che l’arma del delitto sia stata quello stesso coltello oggetto delle querele del 2/6 e 3/9/2007. Ma poi, chi può dire che, se quel particolare coltello fosse stato sequestrato, Nolfo non avrebbe compiuto l’omicidio con altro coltello o addirittura con altri mezzi? Dunque l’omessa perquisizione non ha avuto alcun effetto causale sull’omicidio. E infatti il Tribunale costruisce la sentenza sul concetto di probabilità: è probabile che sia stata ammazzata con quel coltello; è probabile che, se fosse stata disposta una perquisizione, questo sarebbe stato trovato; è probabile che Nolfo, privo di quel coltello, non avrebbe ucciso la moglie. Si condannasse con questi criteri, le carceri sarebbero piene. Gli errori capitano anche nelle sentenze, non c’è da scandalizzarsi. Lo scandalo vero è la crociata: “Quando c’è un femminicidio qualcuno deve pagare”.