Non solo il falso. Il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto è indagato anche per rivelazione di segreto d’ufficio per la vicenda – rivelata ieri dal Fatto Quotidiano – dei contatti con un ex superiore con il quale lavorava al Noe, passato ai Servizi segreti. Il sospetto è che Scafarto abbia rivelato alcune informazioni sull’indagine Consip. La nuova iscrizione nasce proprio da alcuni elementi dell’informativa depositata il 9 gennaio 2017 inviati per mail a questa persona che adesso lavora all’Aise, i Servizi segreti esteri. I magistrati sanno di chi si tratta e dopo l’interrogatorio del capitano che si terrà lunedì prossimo potrebbero convocare anche il suo interlocutore.
Tutto ovviamente dipende da come Scafarto si difenderà per la terza volta davanti ai pm romani: dovrà spiegare anche un nuovo falso finito nella nota informativa che gli viene contestato. E poi c’è questa nuova vicenda: perché il capitano avrebbe rivelato all’Aise – che dipende dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – elementi di un’indagine in cui veniva citato il padre dell’ex premier?
E soprattutto, se questo è avvenuto, le notizie sull’inchiesta Consip sono state trasmesse a qualcun altro? Troppe domande alle quali sta cercando una risposta la Procura di Roma. Come pure si sta cercando di capire bene quei riferimenti presenti, sempre nell’informativa contestata, all’altra agenzia di informazioni, l’Aisi, i servizi segreti interni: erano davvero così importanti da essere enfatizzati?
Per quanto riguarda la posizione di Scafarto, difeso dall’avvocato Giovanni Annunziata, i falsi non si limitano a quelli finora contestati. Sono due le parti dell’informativa che secondo i pm Paolo Ielo e Mario Palazzi, titolari dell’indagine, sono state manomesse: la prima riguarda i Servizi segreti, l’altra invece riguarda la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato”, attribuita falsamente ad Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano in carcere per corruzione. A pronunciare questa frase era stato, come correttamente riportato nei brogliacci, l’ex parlamentare Italo Bocchino (accusato di traffico di influenze) e il riferimento era probabilmente all’ex premier e non al padre Tiziano Renzi, indagato come Bocchino per traffico d’infuenze.
A questo si aggiunge un terzo falso del quale ha scritto ieri Il Messaggero. Il quotidiano fa riferimento a una discrasia riscontrata dai pm tra la trascrizione di una intercettazione ambientale e il contenuto di un messaggio inviato su Whatsapp da Scafarto. Secondo Il Messaggero, questo messaggio smentirebbe quanto trascritto nell’informativa.
Adesso, con la scoperta della mail tra Scafarto e un uomo dell’Aise, si aggiunge un nuovo capitolo a questa complessa inchiesta.
Gli altri filoni riguardano la fuga di notizie arrivata alle orecchie dell’amministratore delegato della principale stazione appaltante Luigi Marroni: indagati per rivelazione di segreto istruttorio il ministro dello Sport Luca Lotti, il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette e il comandante della Legione Toscana Emanuele Saltalamacchia.
Poi c’è la parte dell’inchiesta che coinvolge Tiziano Renzi, indagato per traffico di influenze. Stesso reato contestato anche all’ex parlamentare Italo Bocchino.
C’è anche un ulteriore filone, altrettanto importante, che riguarda la presunta spartizione (da verificare) dei lotti del mega appalto Fm4 da 2,7 miliardi. Invece in fase più avanzata la parte dell’inchiesta sulla corruzione di Alfredo Romeo: in carcere dal primo marzo è accusato di aver dato in tre anni circa 100 mila euro al dirigente Consip Marco Gasparri. In cambio avrebbe ricevuto informazioni riservate sulle gare. Tra Alessandro Diddi, legale di Gasparri – che ha ammesso di aver ricevuto denaro – e i pm c’è un accordo sul patteggiamento a 20 mesi di reclusione.