Inchiesta

Uranio 238, lo Stato Maggiore scarica la responsabilità dei proiettili radioattivi sulla Finanza

Il maresciallo Giuseppe Carofiglio conferma: “Quei colpi anche in Italia”. La Difesa: “Mai nelle forze armate”

Di Alessandro Mantovani
29 Giugno 2017

È intervenuto lo Stato maggiore della Difesa, ieri, per replicare all’ex maresciallo della Finanza Giuseppe Carofiglio, che in mattinata ha ribadito davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta quanto già raccontato al Fatto a partire dal 1° giugno scorso: nel 1994 c’erano proiettili all’uranio impoverito in dotazione a due mezzi navali delle Fiamme gialle. Carofiglio, congedato nel 2002, era l’armiere e trovò e fotografò quelle munizioni nel deposito della Marina militare alla Montagna Spaccata di Pozzuoli (Napoli), utilizzato anche dalla Gdf.

Erano una ventina di casse di colpi da 30 millimetri fabbricati dalla Breda Meccaniche Bresciane di Gardone Valtrompia, 576 per circa 300 chilogrammi di peso ha specificato ieri l’ex sottufficiale. Dopo la misurazione della radioattività affidata dal comando generale della Finanza all’Anpa, l’allora Agenzia nazionale di protezione ambientale, sarebbero stati smaltiti in un’esercitazione in mare tra Ponza e Ventotene. Finora i ministri della Difesa, compreso l’attuale Capo dello Stato Sergio Mattarella nel 2000, hanno sempre escluso l’impiego di proiettili all’uranio impoverito da parte delle nostre forze armate, nelle quali si contano, secondo l’Osservatorio militare, 7.000 militari ammalati e 344 decessi dovuti a neoplasie ritenute connesse all’esposizione a quegli agenti nocivi: quasi tutti hanno partecipato a missioni all’estero, dove l’uranio 2389 era stato utilizzato da soldati di altri Paesi.

L’ex maresciallo Carofiglio ha riferito di quanto avvenuto nel ’94 nella Gdf ma ha anche espresso il convincimento che quel genere di colpi siano stati utilizzati anche dalle forze armate, in particolare nei poligoni sardi di Teulada e Quirra, e ha invitato a verificare la situazione di La Spezia dove furono costruite le due motovedette con i misteriosi proiettili in dotazione. Ma non ha chiarito il fondamento delle sue valutazioni. Tornerà il 5 luglio davanti alla commissione, presieduta dal dem Gian Piero Scanu. I parlamentari hanno già iniziato a fargli domande. Uno dei temi più caldi, sollevato da Giulia Grillo e Gianluca Rizzo del M5S, è quello della fabbricazione in Italia: da dove veniva l’uranio impoverito?. I due parlamentari chiedono anche ispezioni a La Spezia e alla Montagna Spaccata di Pozzuoli.

Il coinvolgimento delle forze armate ha spinto lo Stato maggiore della Difesa a intervenire: “Si ribadisce nuovamente che le Forze Armate – Esercito, Marina e Aeronautica – e i Carabinieri mai hanno acquisito e impiegato munizionamento contenente uranio impoverito. I fatti riportati – scrive lo Stato maggiore – non rientrano nell’area di responsabilità della Difesa. La tipologia di munizionamento in discussione, come già più volte dichiarato, mai ha fatto parte dell’arsenale delle Forze Armate e mai è stato utilizzato né sul territorio nazionale, né all’estero”. La Difesa ritiene insomma che a rispondere debba essere la Finanza, forza di polizia a ordinamento militare dipendente dal ministero dell’Economia. E la Finanza sta mettendo insieme la documentazione sui fatti di 23 anni fa. Anche perché c’è un’interpellanza del M5S e verosimilmente anche la commissione, dopo Carofiglio, vorrà sentire le Fiamme Gialle.

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