Contrada canta vittoria a casa sua e Marcello Dell’Utri intravede un orizzonte di libertà oltre le sbarre di Rebibbia: l’intuizione giuridica del giovane avvocato Stefano Giordano, figlio del presidente del maxiprocesso a Cosa nostra, fatta propria dalla Cassazione, alimenta improvvisamente le speranze di decine di politici, professionisti e funzionari condannati per concorso esterno in associazione mafiosa, pronti ad utilizzare come precedente la decisione della Suprema Corte che salva l’impianto processuale ma cancella la pena, ammettendo per la prima volta che la giurisdizione europea modifichi un giudicato penale, a causa dell’indecisione normativa del reato di 110 e 416 bis, poi sanata dalla sentenza a Sezioni Unite Demitry nel ’94.
“Il verdetto si applica a Contrada e non ai suoi fratelli minori, come Dell’Utri” precisa l’avvocato Giordano, mentre i legali del senatore di Forza Italia, che in questi giorni si definisce “prigioniero politico”, hanno probabilmente già iniziato a studiare il dispositivo in attesa di leggere le motivazioni. Saranno pronte tra qualche mese in vista della pronuncia della Corte Europea dei diritti dell’uomo a cui anche Dell’Utri ha da tempo fatto ricorso nonostante la contestazione del reato all’ex senatore risalga al gennaio ’96, ben due anni dopo della pronuncia Demitry che mise fine alle interpretazioni giurisprudenziali, almeno per ciò che riguardava la sua stabilità. “Non c’è dubbio che si tratta di casi simili, ma non bisogna dimenticare che il concorso esterno viene utilizzato già negli anni ’80, mentre l’aggravante disciplinata dall’articolo 7, ovvero il favoreggiamento mafioso, arriva nel 1991: tra i due reati che sono spesso entrati in conflitto, prevale a livello cronologico proprio il concorso” spiega l’avvocato Ingroia, ex pubblico ministero delle inchieste Contrada e Dell’Utri.
A prescindere dalla data spartiacque del ’94 sono in tanti i condannati per concorso esterno ad affilare le armi giuridiche dopo la pronuncia della Cassazione, sperando in una cancellazione della pena: dall’ex collega di Contrada Ignazio D’Antone, ex capo della Criminalpol della Sicilia occidentale, condannato in via definitiva per concorso esterno nel 2004: i fatti contestati al poliziotto risalgono al 1983, undici anni prima che il reato venisse stabilizzato. D’Antone ha scontato la pena così come gli ex dc Franz Gorgone ed Enzo Inzerillo, tra i pochi uomini politici insieme a Dell’Utri ad essere stati condannati definitivamente per concorso esterno. Già deputato regionale in Sicilia, Gorgone è stato condannato a sette anni di carcere nel 2004, per l’ex senatore Inzerillo, la condanna a 5 anni e 4 mesi è diventata definitiva nel 2011 per i suoi strettissimi rapporti con il boss Giuseppe Graviano, del quale era “a disposizione”.
Spera anche l’ex sottosegretario Nicola Cosentino, condannato in primo grado a nove anni di carcere, e il senatore Pino Firrarello, suocero del sottosegretario Giuseppe Castiglione coinvolto nell’inchiesta del Cara di Mineo, e l’ex sindaco di Taranto Giancarlo Cito. La decisione della Cassazione adesso offre a tutti una fiammella di speranza per vedere scontata o cancellata la pena, ma solo quella perché, come dice il pm Nino Di Matteo, “i fatti rimangono fatti, i rapporti di grave collusione con la mafia rimangono accertati nella loro esistenza e gravità. Già questo rende merito al lavoro della procura di Palermo e dei giudici che li hanno accertati”.