In due ore e mezza d’interrogatorio, nei fatti, il pm Henry John Woodcock non ha messo sul tavolo soltanto la sua strategia difensiva. Pur senza accusare nessuno, ricostruendo dettagliatamente le giornate del 20 e 21 dicembre, ha consegnato alla Procura un nuovo scenario investigativo. E nel suo mirino ha inquadrato soprattutto il Noe dei Carabinieri e il capitano Gianpaolo Scafarto sul quale – senza mai indicarlo come il soggetto che ha rivelato al Fatto notizie coperte dal segreto istruttorio – ha rivelato dettagli che la Procura intende ora verificare. Riepiloghiamo.
Woodcock si presenta dinanzi al procuratore Giuseppe Pignatone, all’aggiunto Paolo Ielo e al sostituto Mario Palazzi alle 9.30 del mattino. È accusato di aver rivelato, tra il 20 e il 21 dicembre, al vicedirettore del Fatto, Marco Lillo, notizie riservate sull’inchiesta Consip. Notizie che si trasformeranno negli scoop che il Fatto pubblica a partire dal 21 dicembre scorso. Woodcock è accusato in concorso con la sua compagna, la giornalista Federica Sciarelli, poiché, dai tabulati di Lillo e Sciarelli, tra il 20 e il 21 dicembre, emergono due contatti telefonici. Lillo – che non intende rivelare le sue fonti – ha già dichiarato che Woodcock e Sciarelli sono innocenti e assolutamente estranei alla vicenda. Sciarelli lo ha confermato durante l’interrogatorio della scorsa settimana. Ieri è stato il turno di Woodcock che, assistito dall’avvocato Bruno La Rosa, ha meticolosamente ricostruito le giornate in questione. Mostrando, tra l’altro, la prova che principalmente lo scagionerebbe da ogni accusa. Non essendoci contatti telefonici tra lui e Lillo, l’unica possibilità per rivelargli notizie su Consip, sarebbe stato incontrarlo di persona. Woodcock elenca tutti i nomi di chi ha trascorso con lui le ore passate a Roma. E poi il prelievo da un bancomat, che indica la sua posizione, in luogo incompatibile per un incontro con Lillo. Sul tavolo degli inquirenti, e tra le righe del suo interrogatorio, c’è però dell’altro: elementi che la Procura si riserva ora di verificare.
La sua ricostruzione inizia dal mattino del 20 dicembre, quando i carabinieri del Noe e un ufficiale della Gdf entrano in Consip e scoprono che negli uffici stanno disinnescando le microspie installate dagli investigatori. In quel momento la polizia giudiziaria avvia subito l’interrogatorio di Luigi Marroni, all’epoca ad di Consip, il quale racconta loro di aver saputo dell’esistenza di indagini in corso e microspie da quattro diverse fonti: il ministro Luca Lotti, il generale dell’Arma Emanuele Saltalamacchia, il presidente di Consip Luigi Ferrara, il presidente di Publiacqua Filippo Vannoni. Ferrara, a sua volta, l’avrebbe saputo direttamente dal comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette.
Il capitano del Noe Scafarto, insieme con i colleghi presenti all’interrogatorio, chiude il verbale e telefona ai pm Woodcock e Celeste Carrano. Woodcock racconta che fu proprio Scafarto a chiamarlo, chiedendo ai pm di recarsi immediatamente a Roma, perché era necessario che la Procura interrogasse Marroni. Woodcock sottolinea però un dettaglio: Scafarto, per il loro incontro a Roma, non li invita direttamente in caserma, ma in un bar, in una piazza di Roma. I tre s’incontrano. Prendono un caffè. Parlano di quel che è accaduto durante la perquisizione in Consip. Fu solo un caso, quell’invito al bar, prima di recarsi in caserma? Oppure, a posteriori, quell’invito al bar è un tassello utile a ricostruire la fuga di notizie? Da dove arrivava Scafarto? Dov’era Lillo in quel momento? Sono alcune delle domande più logiche, per gli investigatori, dopo il dettaglio raccontato da Woodcock. Fatto sta che i pm e Scafarto, dopo il caffè, si recano in caserma. Dove avviene il secondo interrogatorio di Marroni. Questa volta dinanzi ai pm. E Marroni nella sostanza conferma.
Quella sera stessa, continua a ricostruire Woodcock, il pm napoletano telefona al collega romano Ielo. Gli spiega che durante la giornata è accaduto qualcosa d’importante, che gli toccherà iscrivere nel registro degli indagati un ministro e il comandante generale dei carabinieri, anticipandogli che dovrà trasferire gli atti a Roma. Gli dà appuntamento per spiegargli la situazione. Ielo, che è a cena con il procuratore Pignatone, lascia il tavolo per raggiungere il collega.
Dopo l’incontro, Woodcock rientra a Napoli, proprio perché il 21 deve iscrivere Lotti e Del Sette nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento e rivelazione del segreto istruttorio. Peraltro gli è già chiaro che deve sentire Vannoni come testimone. A questo punto, Woodcock sottolinea ai pm romani un fatto a loro già noto, ovvero che anche Scafarto rientra a Napoli, dove assiste agli interrogatori di Marroni e Ferrara. Il 21 Woodcock rientra a Roma e, ai colleghi romani, consegna gli atti personalmente proprio perché – racconta – vuol essere certo che non vi siano fughe di notizie. Poi aggiunge un altro dettaglio su Scafarto: Woodcock sostiene di aver saputo che anche il capitano del Noe ritorna a Roma. Secondo il pm, avrebbe preso due corse precedenti il suo treno. Perché, se quanto sostiene Woodcock è vero, l’ufficiale rientra a Roma? Anche su questo, adesso, la Procura di Roma intende fare accertamenti. Per il resto, secondo le prime indiscrezioni, il pm napoletano sembra aver convinto la Procura della sua innocenza. Se così fosse, per Woodcock e Sciarelli l’archiviazione potrebbe arrivare molto presto.