Circa due settimane fa un professionista che lavora nel settore degli infissi entra nella palazzina di via Rampa Nunziante a Torre Annunziata per questioni di lavoro, forse un preventivo per le rifiniture dei lavori di ristrutturazione in corso ai primi due piani dello stabile. Ne esce preoccupato: “Lì stava cadendo tutto a pezzi” confida ad amici e familiari “pareva dovesse crollare tutto da un momento dall’altro”. Dall’altro ieri l’uomo si è chiuso in un silenzio inviolabile, è sconvolto. Col senno di poi non si salverà nessuna delle otto vittime recuperate dalle macerie, ma riannodare i fili delle paure che hanno preceduto il crollo degli ultimi due piani, e dei segnali di pericolo rimasti senza seguito, e invitare chi sa ad uscire allo scoperto, è doveroso per provare a fare giustizia.
Quel palazzo eretto nel 1958 tra il mare e la ferrovia era ridotto male, come ha confermato ieri il sindaco Vincenzo Ascione, e negli ultimi giorni si erano aperte crepe e fessure. Una verifica statica richiesta dai condomini – eseguita da un tecnico privato che non ha lasciato nessun documento scritto – non ha segnalato nessun pericolo di crollo. Ma il palazzo, aggredito dalla salsedine e da cinquanta anni di passaggi di treni merci e passeggeri a pochissimi metri, avrebbe avuto bisogno di lavori importanti di consolidamento. Poi, all’alba dell’altro ieri, il disastro. Alle otto di ieri mattina si esaurisce la speranza di ritrovare qualcuno vivo sotto ai blocchi di tufo e cemento. Viene estratta l’ultima delle otto salme. Un bambino. Si smette di scavare e scatta l’ora della ricerca delle responsabilità.
La Procura di Torre Annunziata aggiunge nell’iscrizione dei reati contro ignoti l’accusa di omicidio colposo plurimo. E inizia a studiarsi le carte acquisite l’altro ieri mattina: le comunicazioni di inizio lavori di manutenzione ordinaria dei primi due piani fronte mare e la storia del fabbricato. In passato su parte di questo stabile si è consumata una procedura fallimentare, le case andate all’asta nel frattempo si erano profondamente deteriorate, fu emessa un’ordinanza di ripristino di messa in sicurezza. Nulla di strano, ma col senno di poi bisogna rileggersi tutto. Nella documentazione in mano agli inquirenti ci sono i nomi dell’impresa edile, dei tecnici, dei proprietari, e degli interventi edili programmati nelle comunicazioni di inizio lavori del primo e secondo piano.
Bisogna confrontare quanto dichiarato con quanto effettivamente realizzato. L’ex sindaco Giosuè Starita ha avanzato il sospetto della manomissione di una putrella. Ma bisogna anche verificare se i lavori effettuati in una parte di stabile, quella fronte mare, rimasta in piedi, possa aver minato la tenuta statica della parte crollata, che invece guardava a monte. Si impone prudenza. Nuovo sopralluogo del procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli e del pm Andreana Ambrosino. “Non escludiamo alcuna pista”, dicono. È presto per iscrivere qualcuno nel registro degli indagati. Un collegio dei periti verrà nominato al più presto per accertare le cause del crollo. Tutta l’area è sotto sequestro e sorvolata da droni. C’è tristezza in città, chiusi gli stabilimenti balneari. Torre Annunziata si prepara al lutto cittadino. “Prima, però, vogliamo aspettare che vengano eseguite le autopsie sui corpi” annuncia il sindaco. Sono previste tra martedì e mercoledì. Sarà quasi certamente quello il momento in cui i pm spiccheranno i primi avvisi di garanzia, per consentire agli indagati di nominare i propri periti.
Tra le vittime c’è Giacomo Cuccurullo, da 37 anni dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Torre Annunziata. Tra i settori di competenza, anche l’edilizia privata. Viveva all’ultimo piano insieme alla moglie e al figlio. Sterminata la sua famiglia e la famiglia Guida, che viveva al terzo piano: padre, madre, due bambini. Il bilancio si completa con la morte della sarta di 65 anni Pina Aprea che viveva da sola. L’unico a farcela, incredibilmente, è stato il canarino giallo dei fratellini Guida. La cesta in cui si trovava gli ha fatto da scudo protettivo.