Il 4 luglio Luisiana Gaita su ilfattoquotidiano.it ha raccontato di un disegno di legge presentato dal senatore Maurizio Romani: i lavoratori indisposti potranno certificare la propria inidoneità al lavoro con un’autodichiarazione limitatamente ai primi tre giorni di “malattia”; successivamente occorrerà un certificato medico. La platea dei sostenitori di simile iniziativa sembra vastissima: non solo gli assenteisti di professione ma – scrive Gaita – la Federazione degli Ordini dei medici che plaude all’eliminazione della responsabilità penale di sanitari che oggi viene assoggettata per modesti “errori” a pene elevate per falso in atto pubblico.
La prima considerazione suggerita da simile notizia è che il senatore Romani ha trovato una soluzione geniale per garantirsi la sua rielezione: milioni di lavoratori e molti medici gli saranno tangibilmente grati (per utilizzare le parole di un medico incriminato per frode fiscale che si era rivolto ai marescialli della Guardia di Finanza che indagavano su di lui suggerendo di minimizzare il risultato dei loro accertamenti).
Ce n’è poi una seconda: l’improntitudine di Maurizio Scassola, vicepresidente della Federazione degli Ordini dei medici, che ha plaudito all’iniziativa che avrebbe sollevato i medici “dall’onere penale” (avrà voluto dire rischio penale) derivante dalle situazioni in cui il medico invia al paziente un certificato medico, idoneo a giustificare l’assenza dal lavoro, senza averlo visitato, redigendolo sulla base delle sole sue dichiarazioni.
È “impossibile – dice Scassola – che nel corso di una vita un medico non incappi in un errore del genere”. Come un errore? “Certifico di aver visitato Giuseppe Illavorostanca e di aver riscontrato che egli è affetto da…, ragione per la quale necessita di cure e riposo per giorni tre”.
Ma non è vero, non l’ha visitato e la “malattia” gli è stata comunicata da Giuseppe per telefono. Questo sarebbe un errore? L’ho visitato il giorno tale all’ora tale; non è vero, è un falso. Ho riscontrato che è affetto da…; ma, poiché non l’ho visitato non ho riscontrato alcunché, è una dichiarazione falsa.
Necessita di cure e riposo per giorni tre; non posso affermarlo poiché non so che tipo di disturbi effettivamente presenta, è una dichiarazione falsa. Questo comportamento inoltre realizza il mezzo con cui Giuseppe Illavorostanca truffa il datore di lavoro e l’Inps, che gli corrisponderanno rispettivamente la paga dovuta e i contributi assicurativi e pensionistici a fronte di una prestazione di lavoro non eseguita.
Altro che errore, è complicità nei delitti di falso in atto pubblico, truffa ai danni del datore di lavoro e truffa ai danni di un ente pubblico.
Naturalmente il tutto è assistito da virtuose giustificazioni: consentendo l’autocertificazione per “malattie” di poco conto si eviterebbe l’affollamento degli ambulatori.
Un lettore di Gaita ha osservato che basterebbe eliminare la necessità di ricette periodiche nei casi di malattie croniche per diminuire drasticamente questo affollamento: in questi casi se ne può rilasciare una valida fino alla morte del malato. Molto sensato, dunque impraticabile per l’assistenza sanitaria pubblica.
Alla fine il disegno di legge Romani è il sistema perfetto per garantire l’assenteismo legalizzato: esclusa la concreta possibilità per il datore di lavoro di controllare ogni autodichiarazione di “malattia”, si costruisce un sistema perverso che permette al lavoratore di percepire paga e contributi indipendentemente dall’effettivo orario di lavoro.
E, si noti, è un sistema replicabile N volte, il cui unico limite sta nel non abusarne come tempi e modalità: per esempio una “malattia” ricorrente ogni lunedì, martedì e mercoledì ovvero in coincidenza di “ponti” per festività varie (celebre la malattia diffusa che colpì i vigili urbani romani in occasione delle festività natalizie del 2015) potrebbe innescare controlli pericolosi.
Ma, con un po’ di prudenza, si aprono prospettive davvero rosee per gli assenteisti.