Marco Carrai, Alberto Bianchi e soprattutto il padre e la madre di Matteo Renzi. Alla fine dello scorso anno tutto il Giglio magico è stato intercettato. A partire da Tiziano Renzi: tre cimici davanti alla sua abitazione. Dal 31 dicembre 2016 chiunque entrasse, uscisse o si intrattenesse lì veniva intercettato. I magistrati partenopei chiedono per la prima volta di accendere le cimici il 27 dicembre ma il gip rigetta.
Due giorni dopo il pm Celeste Carrano, titolare dell’inchiesta napoletana con Henry John Woodcock, in una seconda richiesta evidenzia che il decreto “è riferito specificatamente ed esclusivamente alla intercettazione ambientale di un solo bersaglio e segnatamente delle pubbliche strade a Rignano sull’Arno, attigue alla via (…) nei pressi dell’abitazione di Tiziano Renzi”.
La Carrano spiega che l’operazione “potrebbe consentire l’acquisizione di ulteriori elementi idonei a supportare la suddetta ipotesi di reato, contribuendo a ricostruire le ‘maglie’ del tessuto associativo che ruota intorno a Romeo e più specificamente ai suoi interessi ed ai rapporti con Russo Carlo (l’imprenditore fiorentino amico di famiglia, ndr) e Tiziano Renzi” che – sottolinea la pm – “è stato visto conversare liberamente per strada con Bargilli Roberto (detto Billi, l’autista del camper dell’ex premier”. Il 30 dicembre 2016 il gip Tommaso Mirando autorizza le intercettazioni. Così vengono installate tre cimici davanti alla casa di Tiziano Renzi: sul muretto, su una pianta di ulivo e alla porta carraia. La prima proroga di intercettazione scade il 13 gennaio 2017, e due giorni prima un altro gip, Mario Morra, l’autorizza per altri 15 giorni.
Ma le ambientali non hanno sempre funzionato e, a segnalarlo alla Procura, è il capitano Gianpaolo Scafarto, ora accusato dai pm di Roma di falsificazioni ai danni di Tiziano Renzi. Scrive Scafarto in un fax del 3 gennaio: “Si precisa che l’attività di intercettazione ambientale della pubblica strada a Rignano sull’Arno (Firenze), non ha avuto inizio”. Sembra incredibile, ma almeno fino al 3 gennaio le intercettazioni ambientali sembrano non essere partite.
Nelle carte depositate dalla Procura di Roma ci sono anche i decreti di inizio e fine intercettazioni di altri fidatissimi del giro renziano. Il 27 dicembre 2016 infatti il pm Henry John Woodcock chiede di intercettare non solo Tiziano Renzi, ma anche la moglie Laura Bovoli, Marco Carrai, amico di Matteo Renzi, Filippo Vannoni, presidente della fiorentina Publiacqua ora indagato per favoreggiamento, e tra gli altri anche di effettuare alcune “ambientali” nell’ufficio del Ministero dell’Economia di Luigi Ferrara, presidente di Consip. Le intercettazioni dureranno solo tre giorni.
Nei verbali di inizio e fine operazioni dei carabinieri del Noe, si legge che le intercettazioni “hanno avuto inizio alle ore 20:08 del 27 dicembre 2016” e sono terminate alle “ore 12:00 del 29 dicembre”. Anche in questo caso, però qualcosa non avrebbe funzionato.
Il 27 gennaio arriva un fax di Scafarto in Procura: “Si comunica che il decreto emesso il 27 dicembre 2016 è stato eseguito parzialmente”. Questa volta sono gli uffici del Mef e di Consip a registrare un vuoto investigativo: “Non sono mai state avviate – scrive il capitano del Noe ai pm – le attività di intercettazione tra presenti, presso il Mef e la Consip”. Insomma: gli “uffici in uso a Luigi Ferrara e le conversazioni tra presenti presso la pubblica via”.
Ed è proprio questo il tratto comune con il precedente fax del 3 gennaio. Anche in questo caso, infatti, le intercettazioni ambientali riguardavano la pubblica strada dove abitava papà Renzi. Non è finita. Perché il 17 novembre 2016 c’è un decreto di un altro gip di Napoli, Dario Gallo, che autorizza le intercettazioni nei confronti di Alberto Bianchi, presidente della fondazione Open, estraneo alle indagini. Scrive il gip: “Bianchi sta sponsorizzando presso Marroni (Luigi, ex ad di Consip, ndr) un’azienda classificatasi seconda per la realizzazione delle casette in legno per i terremotati di Amatrice”.