Dopo la sentenza su Mafia Capitale, che non è più Mafia Capitale ma Corruzione Capitale o Mazzetta Capitale come preferite, la deputata del M5S Roberta Lombardi ha dichiarato quanto segue: “In 20 anni hanno distrutto Roma ma basta alibi, ora è evidente che le responsabilità sono tutte nostre, ora tocca a noi e dobbiamo dimostrare di che pasta siamo fatti, senza scuse” (Il Messaggero). Basta alibi dunque: è quanto avevamo detto più modestamente su queste pagine ogniqualvolta la sindaca Raggi (ma non solo lei) chiamava in causa “quelli di prima”. Cercando di spiegare ai propri sfiduciati concittadini le non migliorate (diciamo così) condizioni di vivibilità della loro (nostra) meravigliosa e sfortunata città con il disastro trovato in Campidoglio.
Adesso abbiamo un’autorevole esponente dei 5Stelle che gira lo sguardo dal passato al presente e al futuro prossimo come se quella sentenza rappresentasse insieme il punto di non ritorno e il punto a capo, forse l’ultimo, per la giunta Capitale. Dopodiché “ora tocca a noi” e “senza scuse” poiché “è evidente che ora le responsabilità sono tutte nostre”. C’è qualcosa di più interessante del rovistare nei retropensieri della Lombardi, che spesso non ha condiviso la gestione politica e amministrativa della sindaca (con stile meno colorito della senatrice Paola Taverna ma con asprezze non dissimili): le beghe interne se le vedranno loro. Andiamo alla sostanza del non detto così come lo abbiamo inteso: cara Virginia mancano pochi mesi alle elezioni politiche e se in questi pochi mesi tu e la tua giunta non riuscirete a imprimere una sterzata decisiva nel governo della città il tuo fallimento fatalmente si ribalterà sul tuo e nostro MoVimento con effetti ancora più disastrosi delle ultime amministrative perché per colpa della vostra inettitudine rischiamo di perdere la storica occasione di guidare il governo del Paese.
Dunque per cortesia datevi una mossa e “dimostriamo di che pasta siamo fatti”. Non ci sembra una rappresentazione così lontana dalla realtà anche perché i timori sui destini dell’Urbe sono intimamente legati alla domanda che qualcuno comincia a farsi sul destino del movimento di Grillo e Casaleggio. E cioè: come mai malgrado la crisi progressiva del Pd renziano, come mai malgrado la frantumazione della sinistra parolaia, come mai malgrado il dissidio tra Berlusconi e Salvini che sgonfia le gomme del centrodestra, come mai malgrado la desolazione circostante, secondo tutti i sondaggi il M5S non riesce a sfondare la linea Maginot del 30 per cento?
Lusinghiero risultato certo ma non abbastanza per garantire quella decisiva supremazia elettorale indispensabile a una forza che fonda il proprio stesso essere sull’autosufficienza e sul rifiuto delle alleanze.
Qual è la zavorra che impedisce alla navicella pentastellata di librarsi fino all’empireo, perché no, del 40 per cento e del premio di maggioranza? Eppure in questa legislatura i principali impegni presi con i cittadini sono stati mantenuti. L’opposizione parlamentare c’è stata, e senza apparenti cedimenti. L’onestà pure, se si eccettuano i pasticci siciliani sulle firme e qualche piccolo mariuolo pizzicato qua e là. L’impegno per il reddito di cittadinanza e contro i vitalizi non è mancato. C’è stato sì qualche scivolone sull’(impossibile) uscita dall’Euro, una certa superficialità nel trattare la questione vaccini, gli strafalcioni sul Venezuela di Pinochet o su Napoleone ad Auschwitz.
Tutti peccati veniali in fondo se messi a confronto con lo scandalo Consip o con i numeri della disoccupazione giovanile. Ecco perché la vera zavorra dei 5Stelle ha quattro lettere e si chiama: Roma. Non bastassero le buche nella strade, i trasporti pubblici al collasso e la mancata raccolta dei rifiuti con le vicende giudiziarie Marra e Romeo la giunta Raggi ha dovuto affrontare una dolorosa questione morale.
Insopportabile per l’anima dura e pura del movimento (“commessi degli errori”, ripete la Lombardi). Perciò la sindaca deve capire non è più tempo di trovate bizzarre tipo riesumazione del sesterzio o funivie. Perciò con Mafia Capitale finiscono gli alibi.