L’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, chiede, e la politica risponde. Lo fa con un emendamento del Pd, approvato alla Camera, che le affida il potere di ordinare – al posto dell’autorità giudiziaria – la rimozione dei contenuti dal web in caso di sospetta violazione del diritto d’autore. L’obiettivo, dichiarato, è permetterle di espandere il suo controllo anche all’online, uscendo dalla sempre più stretta dimensione della par condicio televisiva.
Qualche mese fa la proposta di Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Antitrust, di assegnare a un’autorità statale il controllo delle bufale che circolano sul web aveva generato dibattiti e dissenso. A febbraio, la proposta di legge contro le fake news presentata da Ala si era dissolta nella sua stessa assurdità. Il tentativo di imbavagliare il web, stravolgendo la legge sul cyberbullismo, era fallito miseramente. Invece, è passata sotto traccia la dichiarazione (11 luglio 2017) del presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani, che suggerisce l’introduzione di una legge per controllare le bufale sul web. “Servono – ha detto – nuove capacità e nuove tutele su cyberbullismo, fake news ed hate speech: sono le sfide che l’Autorità è chiamata ad assumere con l’aiuto del legislatore, invitato a conferire con urgenza ad Agcom le competenze necessarie ad affrontare le nuove garanzie nelle comunicazioni nell’ecosistema digitale”. Ha parlato di un “mondo della comunicazione cambiato”, diventato “rete”. Ma soprattutto ha sottolineato il bisogno che il legislatore dia ad Agcom “gli strumenti” per affrontarlo. E il legislatore è arrivato.
L’emendamento.È stato presentato il 19 luglio e approvato alla Camera il giorno dopo in un provvedimento che serve ufficialmente per recepire le direttive europee, ufficiosamente per evitare procedure d’infrazione Ue. La prima firma è del deputato orlandiano Davide Baruffi. Si parla di diritto d’autore: “L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – si legge – su istanza dei titolari dei diritti, può ordinare in via cautelare ai prestatori di servizi della società dell’informazione di porre fine immediatamente alle violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi, qualora risultino manifeste sulla base di un sommario apprezzamento dei fatti e sussista la minaccia di un pregiudizio imminente e irreparabile per i titolari dei diritti. L’Autorità disciplina con proprio regolamento le modalità (…) e individua le misure idonee volte ad impedire la reiterazione di violazioni ”. La norma, firmata anche dal renziano Sergio Boccadutri, in pratica assegna all’Agcom il compito di intervenire in modo preventivo sui casi di presunta violazione di diritto d’autore online chiedendo alle piattaforme di rimuovere i contenuti (dai file audiovisivi ai contenuti editoriali). E lo fa richiamandosi all’attuazione di alcune direttive europee. Le stesse direttive europee, però, assegnano questa prerogativa all’autorità giudiziaria. L’articolo 9 della direttiva 2004/ 48/CE parla espressamente di “competenti autorità giudiziarie”: devono insomma essere i giudici a prevedere se esista o meno violazione del diritto d’autore.
Lo scontro. È anche vero che in Italia, sul diritto d’autore online, c’è uno scontro antico: da un lato le associazioni di provider indipendenti e in difesa dei consumatori (come Assoprovider, Assintel e Altroconsumo), dall’altra la stessa Agcom che, nel 2015, ha emesso un Regolamento per contrastare la pirateria online e quella che viene definita “violazione massiva del Copyright”. In mezzo la Consulta (che ha tenuto in piedi le norme), poi il Tar del Lazio che ha confermato la validità del Regolamento e infine un ricorso al Consiglio di Stato.
L’Agcom, ora, cerca uno strumento legislativo che legittimi ulteriormente il suo ruolo. “In Italia – spiega l’avvocato Fulvio Sarzana che per primo si è accorto dell’emendamento e che è anche il legale che difende Altroconsumo – il diritto d’autore è molto stringente. Non ci sono le stesse tutele riservate, come ad esempio in America, al fair use, ovvero alla legittimità dell’utilizzo di un’opera senza scopo di lucro”. I primi a protestare sono stati i provider indipendenti (Assoprovider): “La norma – spiegano – conferisce all’Agcom il potere di cancellare siti web, blog e forum. E di farlo su richiesta delle grandi multinazionali dei contenuti”.