Il gruppo editoriale L’Espresso entra nel mirino della Procura di Roma. Il sostituto procuratore Francesco Dall’Olio ha aperto un fascicolo per verificare la correttezza delle attività che hanno permesso alle società del gruppo della famiglia De Benedetti di accedere alle provvidenze statali e alle facilitazioni contributive previste dal riconoscimento dello “stato di crisi” nel settore dell’editoria tra il 2012 e il 2015: in questi giorni i finanzieri del Gruppo investigativo sulla criminalità economica e finanziaria del Nucleo di polizia tributaria di Roma stanno acquisendo documentazione e riscontri testimoniali. L’indagine nasce da un’inchiesta interna avviata dall’Inps rivelata, a partire dall’agosto scorso, dai servizi del Fatto.
Questi i fatti. È maggio del 2016 quando sulla posta elettronica del presidente dell’Inps, Tito Boeri, arriva una segnalazione, per la prima volta debitamente firmata, che denuncia gravi irregolarità nell’accesso alla Cassa integrazione guadagni e ai prepensionamenti del Gruppo Espresso. Dopo una prima verifica positiva, le direzioni competenti dell’Inps cominciano a cercare i primi riscontri che confluiscono in una lettera di segnalazione al ministero del Lavoro, firmata dall’ex direttore generale dell’Inps, poi rimosso dopo un lungo braccio di ferro con il presidente Boeri, Massimo Cioffi.
La comunicazione parte solo dopo i primi articoli del Fatto che ne anticipavano l’esistenza e i contenuti. Nella lettera che aveva come oggetto “Segnalazioni su irregolarità inerenti a Cigs autorizzata a società Manzoni Spa” si delineava un quadro inquietante: organici aziendali gonfiati pochi mesi prima della dichiarazione dello stato di crisi e personale spostato da una società all’altra per attingere a piene mani alla Cassa integrazione e attivare contratti di solidarietà. E ancora: dirigenti demansionati sulla carta a poligrafici per poterli prepensionare, in qualche caso anche senza l’età giusta.
In occasione di due operazioni di ristrutturazione l’azienda avrebbe chiesto il riconoscimento di esuberi ma assumendo altro personale poco prima, anche dall’esterno del gruppo. Nella segnalazione Cioffi riportava anche i nominativi di 7 dirigenti trasformati in “quadro” per essere messi in acquiescenza anticipata: secondo gli accertamenti delle direzioni dell’Inps i nuovi lavoratori “assunti” non sarebbero neppure usciti dalle aziende di origine.
Tra il 2012 e il 2015 sono stati concessi per decreto al gruppo editoriale L’Espresso e alla Manzoni Spa 187 prepensionamenti di poligrafici e 69 di giornalisti, tutti a carico dello Stato e degli istituti di previdenza di appartenenza (Inps e Inpgi), mentre per altri 554 lavoratori sono stati attivati contratti di solidarietà. Il danno che avrebbe subito il solo Inps sarebbe stato quantificato intorno ai 30 milioni di euro.
Secondo le ricostruzioni fatte finora, già a partire dal 2012 la direzione Inps del Lazio, guidata dall’attuale direttrice generale Gabriella Di Michele, era stata sollecitata più volte dagli organi di vigilanza a verificare le denunce anonime sull’utilizzo indebito della Cig e sul coinvolgimento di funzionari Inps. Nel 2014 la stessa direzione regionale affermava ancora che nulla era emerso di irregolare.
L’associazione dei consumatori, Adusbef ha presentato esposti alla Procura per presunti, analoghi comportamenti del gruppo Sole 24 Ore. Le ispezioni successive avviate dall’Ispettorato nazionale del lavoro avrebbero, a quanto si apprende, ampliato la portata dei presunti illeciti che, se confermati dalla Procura, per essere attuati avrebbero dovuto comportare il coinvolgimento di funzionari del ministero, dell’Inps e delle associazioni di categoria, datoriali e sindacali.
Intanto il gruppo editoriale L’Espresso ha chiuso il 2016 con un utile consolidato di 10,4 milioni di euro rispetto ai 17 milioni dell’esercizio precedente. La differenza è riconducibile alla plusvalenza registrata proprio nel 2015 legata alla cessione di DeejayTV a Discovery Italia a fine gennaio 2015.