Le navi delle Ong che pattugliano il mare in cerca di migranti dispersi sui gommoni sono di destra e di sinistra. Quelle di sinistra, ovvero normali, vanno per salvare, ma su di esse si appuntano sospetti: perché lo fanno, fin dove si spingono, e soprattutto; chi paga. L’idea di salvare migranti che altrimenti affogano in mare è così stravagante che è bene mettere un poliziotto a bordo, che tenga d’occhio, prenda nota, e soprattutto ci faccia sapere se è vero che salvano troppo.
Le navi di destra, come per esempio la C Star noleggiata a Gibuti dal gruppo Defend Europe, hanno qualche problema in più (o almeno la C Star ne ha avuti nel porto cipriota di Famagosta): “Le autorità locali, di fronte a carte poco chiare hanno fatto scattare interrogatori e il fermo per tutti gli europei a bordo” (La Repubblica, 28 luglio). Ma a bordo c’erano anche venti cingalesi, identificati come marinai dal comandante, e come migranti in fuga a pagamento (10 mila dollari a testa) dalle autorità portuali, che li hanno lasciati liberi (o liberati). S’intende che “Defend Europe” ha subito denunciato il complotto.
Le Ong (quelle che salvano) erano in agguato (persino a Famagosta) e hanno pagato i marinai perché si dichiarassero profughi. Ora la C Star si sta muovendo verso la Libia e sapremo nelle prossime ore se anche “Defend Europe”, come “Medici senza frontiere”, sarà richiesta di ospitare un poliziotto a bordo. Ma il Mediterraneo è ben più affollato. In mare ci sono le navi Triton, un progetto europeo che salva poco, ma i suoi salvati li porta sempre e solo in porti italiani, benché le sue navi battano bandiera di mezza Europa.
Ci sono le navi mercantili, che da un po’ preferiscono segnalare le emergenze piuttosto che accorrere perché c’è sempre un giudice che, Bossi-Fini alla mano, ti può accusare di favoreggiamento di immigrazione clandestina o, se il magistrato è più ligio alla celebre legge, di “mercato di esseri umani”. E poi, imponente e in tutte le dimensioni, c’è la flotta militare italiana, che si estende dalle motovedette d’alto mare alle corazzate. È una flotta potente e bene organizzata con un passato glorioso.
Non parlo del passato remoto e delle guerre. Parlo della operazione Mare nostrum, (2015) che ha attratto l’attenzione e l’ammirazione del mondo per la grande quantità, rapidità e modalità di soccorso, con cui ha salvato un numero molto alto di vite umane. Ed è stato interrotto, non ci crederete, perché costava troppo. La Marina miliare italiana, che è stata celebrata al Quirinale e insignita di medaglie dal Presidente della Repubblica per la grandiosa e ripetuta attività di soccorso e di vite umane salvate, patisce un problema grave e difficile da raccontare: la contraddizione totale di ordini di governo.
Sono ordini opposti che si susseguono a stretto giro di eventi e ai militari devono apparire pericolosi. Giornalisticamente si riassumono bene in questo titolo: “Le nostre navi in Libia contro i trafficanti. Gentiloni riceve il premier Serraj e accoglie la richiesta di aiuto tecnico. La Libia ci ha chiesto di inviare navi italiane in acque libiche contro i trafficanti di esseri umani”. (Il Corriere della Sera, 27 luglio). Il caso è complicato perché rovescia in un solo giorno il linguaggio degli ordini, la visione del mondo e un drastico cambio di strategia.
Il linguaggio: scompaiono i migranti, i profughi, coloro che fuggono da guerra, persecuzione e fame. E compaiono in primo piano i “trafficanti di esseri umani”. Visione del mondo: non devi aiutare o salvare nessuno, devi combattere il traffico, dunque i trafficanti, dunque anche la loro merce, che non è più l’obiettivo da salvare ma solo un problema collaterale da eliminare.
Strategia: eravamo di qua dalle acque territoriali libiche per accogliere gli scampati dal mare (insieme e in accordo con le navi Ong).
Adesso, se valgono i nuovi ordini, in un mondo completamente rovesciato, le potenti navi militari italiane e le sue agili motovedette armate, sono di là, in acque libiche, dalla parte di chi dà la caccia ai migranti. Anche perché i migranti adesso si chiamano “mercanti di esseri umani”, cioè di se stessi. Ma la storia, che è triste, sia per il rischio di vita (che diventa più grande) dei migranti, sia per la strana incoerenza (in materia militare) del governo italiano, continua con un colpo di scena imprevisto.
Infatti “Il leader di Tripoli nega di avere dato l’ok all’invio di navi o di averle mai chieste” (Il Corriere della Sera, 28 luglio). Nonostante ciò, titola nella stessa data il maggior giornale italiano: “Pronta un’armata con aerei e droni per fermare i migranti”. I Tg aggiungono sommergibili. Ma in questo momento giunge un altro contrordine clamoroso. Tutto quanto detto prima erano promesse da marinaio. Partono solo due navi. E Macron, l’infame, sorride.