Anche Bruno Rota, l’uomo della provvidenza arrivato da Milano, se n’è andato sbattendo la porta. E dopo giorni di silenzio Virginia Raggi prova a recuperare il treno Atac allo sbando: congeda l’ex dg, difende il suo consigliere Enrico Stefàno accusato di aver fatto raccomandazioni, annuncia querela per Matteo Renzi. “Non ci fermiamo davanti alle difficoltà: andremo avanti per garantire un sistema di trasporti degno di una capitale europea”, scrive su Facebook. Come lei stessa ammette, però, “la situazione è grave”. Nominare al più presto un sostituto, la sola mossa che il Comune è pronto a fare, non basterà. La sindaca deve decidere il futuro della municipalizzata, ormai sull’orlo del fallimento. E, nonostante tutto, non sembra esserci alternativa al concordato preventivo.
Atac da ieri è di nuovo senza guida. Quasi un’abitudine: nell’ultimo anno sono stati più i giorni in cui l’azienda è rimasta scoperta, di quelli in cui ha avuto un direttore generale. Erano serviti 7 mesi per individuare il sostituto di Marco Rettighieri, dimissionario lo scorso settembre. Ora la successione dovrà essere molto più rapida: nessuna selezione pubblica, il Comune avrebbe già individuato il nuovo dg, probabilmente non romano (traccia che esclude dirigenti legati a precedenti amministrazioni), da nominare forse ad inizio settimana.
Intanto la sindaca, dopo tre giorni, ha ritrovato la parola e parlato del caso Atac. E lo ha fatto soprattutto per difendere Enrico Stefàno, presidente della Commissione mobilità, su cui erano cadute le accuse di Rota rilanciate anche da Renzi: “I grillini fanno come gli altri, anzi peggio: raccomandano gli amici degli amici”, l’attacco del leader Pd. “L’unico messaggio che Stefàno ci ha detto di aver mandato riguarda la segnalazione di un’azienda di bigliettazione con tecnologie innovative. Se a qualcuno risultano altre circostanze gradiremmo che fossero pubblicate per prendere provvedimenti. Qui non facciamo sconti a nessuno”, la replica. La vicenda finirà in tribunale: Stefàno ha querelato Rota, Raggi annuncia querela anche per Renzi.
Nel post della sindaca, però, manca la risposta alla vera domanda su Atac: cosa fare della partecipata. Perché sul tavolo del Comune è rimasto solo il piano di concordato preventivo, una procedura sotto la supervisione del tribunale fallimentare, che prevede spalmatura e taglio del debito contestualmente al risanamento della società. È la soluzione che l’ex dg Rota aveva individuato da subito come l’unica possibile per garantire un futuro ad Atac e che il Comune aveva anche approvato, salvo poi cambiare idea. Arrivato ad aprile, Rota comincia fin dall’inizio a lavorare all’ipotesi del concordato, su cui riceve il benestare della sindaca. Il piano viene presentato ufficialmente il 29 giugno, discusso ed approvato in diverse riunioni, alla presenza anche degli assessori competenti. Tanto che è stata pure predisposta la gara per individuare gli advisor che dovranno seguire la procedura.
È a quel punto, a luglio, che qualcosa si blocca. Le certezze del Campidoglio vengono meno, all’attivismo di Rota si contrappone una strategia fatta di continui rinvii. L’ipotesi di affidarsi al tribunale (con tutte le dolorose conseguenze del caso) ha spaventato Raggi, che tra i dipendenti Atac e nei sindacati ha avuto uno dei suoi bacini di consenso più importanti. Il concordato fa paura al Movimento 5 Stelle: è vero che è già stato fatto a Livorno da Filippo Nogarin (per l’azienda dei rifiuti), ma a Roma riguarderebbe un servizio diverso e soprattutto avrebbe dimensioni enormi, difficili da sostenere a livello politico.
Il problema è che l’alternativa sarebbe la vendita, parziale o totale, della partecipata: la possibile scalata di Ferrovie dello Stato di cui si parla da tempo (che non dispiacerebbe all’assessore alle Partecipate Massimo Colomban), non è gradita a Raggi. O peggio ancora: la cessione ai privati, che i 5 Stelle non hanno mai preso in considerazione perché “Atac deve rimanere pubblica”. Tanto che ormai pure nel Movimento si sarebbero arresi a rivolgersi al tribunale per il concordato. Proprio come voleva Rota.