In realtà non se n’è mai andato, almeno nell’immaginazione dei suoi fans, a milioni negli States e meno numerosi ma tenacissimi dalle parti nostre. Per loro la notizia è un regalo d’agosto, per ciò che concerne i consumi televisivi: David Letterman ritorna. A poco più di due anni dal celebratissimo addio al pubblico dagli schermi della Cbs, nell’epilogo dei 33 anni di conduzione del suo Late Show divenuto nel frattempo un rituale intergenerazionale consumato in pigiama da milioni di fans, il conduttore ha confermato la firma del contratto per 6 puntate di uno show programmato nel 2018 dal colosso dello streaming Netflix. “Sono entusiasta e fortunato di poter affrontare questo progetto con Netflix” ha detto Letterman ufficializzando il deal. “La lezione che ho imparato è che se quando scegli la pensione per passare più tempo con la tua famiglia, conviene prima verificare se la famiglia è d’accordo. Ciò detto, grazie per avermi ascoltato e guidate con prudenza”. Parole nello stile sardonico di Letterman, che dal momento dell’addio nel maggio 2015 è apparso unicamente come host di un episodio della serie Years of Living Dangerously del National Geographic. Per il resto Letterman è scomparso dalla scena pubblica, trasferendosi stabilmente nella sua casa nel remoto stato del Montana.
Primi segni di nervosismo, in questo granitico buen retiro, però già apparivano nell’intervista con il New York Magazine dello scorso inverno nella quale, in buona sostanza, David impartiva con ironia lezioni di tv ai colleghi che si stavano affannando nel tentativo di sostituirlo. È’ proprio questo lo snodo essenziale del discorso: quanto e più del collega-rivale Jay Leno, che come lui ha abbandonato una lunghissima e riverita tenitura nella televisione notturna americana, Letterman si è dimostrato insostituibile. Non è questione di capacità, abilità e nemmeno di qualità dei copioni allestiti dai formidabili staff autoriali che sostengono questo genere di personaggi. Più semplicemente è un affare di feeling: la capacità inimitabile di Letterman nel percepire la temperatura, gli umori, i nervosismi e i desideri – in particolare quello di ridere e dissacrare – del proprio pubblico, gestendo questa capacità non in modo frontale, host/pubblico, ma in una perenne e ammiccante condizione di complicità. Ora il gioco, almeno in apparenza, ricomincia grazie al portafogli senza fondo di cui Netflix pare disporre in queste stagioni.
Lo show di Letterman, che ancora non ha un nome, consisterà infatti in una serie di interviste della durata di un’ora a un personaggio di rilievo. È facile supporre che attorno a questa minimale piattaforma, lo stesso David, una volta riaccesi i motori, comincerà a istoriare una serie di quei segmenti collaterali, di sapore umoristico-demenziale, divenuti il suo marchio di fabbrica. A un Letterman che si prende sul serio nel ruolo dell’intervistatore, insomma, è bene non credere troppo. La produzione dello show sarà della sua Worldwide Pants e, come ha anticipato Ted Sarandos di Netflix nel dare l’annuncio, “vedremo David in azione lontano dalla sua solita scrivania, alle prese con le personalità che giudica più stuzzicanti. Resta da capire se si taglierà la barba”. Lo scoop attribuisce definitivamente a Netflix lo scettro di company in grado di ridisegnare l’intrattenimento di quella che un tempo si chiamava tv, soprattutto grazie a una formidabile campagna-acquisti nel mercato delle celebrities Usa: Jerry Seinfeld, Amy Schumer e Chris Rock sono le ultime star chiamate da Netflix e ora il colpo-Letterman costituisce la ciliegia sulla torta di un’offerta e di uno stile di consumo entrato ormai stabilmente nelle abitudini degli americani e da qualche tempo titolare di un interessante incremento anche da noi.
Uno stimolo in più per il 69enne Letterman, che dopo aver rifiutato numerose offerte per un “secondo inizio”, può investirsi del ruolo di profeta dell’intrattenimento per immagini del XXI secolo. Non che avesse bisogno dello sforzo: i suoi ultimi contratti con per il Late Show valevano 30 milioni di dollari a stagione, a cui si sommavano gli introiti per produzioni di successo come la serie Everybody Loves Raymond. Per ora non trapelano cifre, ma gli insider parlano di un contratto Netflix per Letterman attorno ai 100 milioni di dollari. Un discreto business, che fa impallidire anche i contratti di platino di campionissimi dello sport come Neymar o Stephen Curry, che per guadagnare molto meno, suderanno mesi. Chiamateli, se volete, riflessi della globalizzazione. Anche dei piccoli e piccolissimi schermi.