II “mazzetta tour”, la guida turistica della corruzione emersa nei primi otto mesi del 2017, oggi fa tappa tra Lazio e Toscana. E per il viaggiatore che voglia visitare i santuari del do ut des oggi sono previste tappe a cinque stelle. Imperdibile, infatti, un passaggio a Sperlonga per ammirare il complesso alberghiero denominato Grotta di Tiberio. Si scopre infatti che uno dei suoi proprietari, Armando Cusani, già presidente Pdl della Provincia di Latina e sindaco di Sperlonga, è accusato di corruzione in un’inchiesta condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri di Latina.
Quell’albergo di sperlonga
Abuso libero per il sindaco ex presidente della Provincia
Mentre vi aggirate dinanzi all’ingresso, e ne ammirate la struttura, ricordate che il responsabile del settore urbanistica ed edilizia del comune di Sperlonga, Massimo Pacini, secondo l’accusa ha omesso, dal 2009 al 2014, di “adottare provvedimenti amministrativi… diretti alla verifica e alla rimozione dell’abuso edilizio e al ripristino dello stato dei luoghi”. Semplificando: il complesso Grotte di Tiberio è in parte abusivo ma, grazie a Pacini, e soprattutto alle sue omissioni, Cusani poteva “sottrarsi a provvedimenti sanzionatori” e, soprattutto, “continuare a gestire la struttura con pieno utilizzo di tutte le porzioni edificate in violazione di legge”. Non male, considerato che in fondo, il Cusani, è stato anche il primo cittadino di Sperlonga. Ma che ci avrà ricavato, il funzionario del comune Pacini, per omettere e favorire Cusani?
Secondo l’accusa, il “comodato” gratuito di un’abitazione, per ben 11 anni, dal 2002 al 2013, nella centralissima via Valle di Sperlonga che, il viaggiatore più esigente, non mancherà di attraversare. D’altronde non era l’unico, il Pacini a omettere in favore del Cusani. C’era anche Isidoro Masi. Anch’egli responsabile del settore urbanistica ed edilizia. Anch’egli dirigente – non del Comune, bensì della Provincia di Latina. Anch’egli indagato. Per ben tre volte aveva ricevuto una diffida a provvedere – nel 2012, 2014, 2015 – per la “illecita lottizzazione”. Persino il Tribunale di Latina, e poi la Corte d’Appello di Roma, gli avevano inviato atti. Ma secondo l’accusa lui ometteva. In cambio di cosa? Della “intermediazione con il Sindaco di Sperlonga, Faiola Francescantonio, affinché quest’ultimo gli conferisse l’incarico dirigenziale presso il Comune, con relativa proroga, nonché, una volta divenuto sindaco di Sperlonga, lo stesso Cusani lo confermava nella posizione dirigenziale”. Da Sperlonga, prima di passare per la capitale, il percorso prevede un’interessante tappa a Guidonia Montecelio, 22 chilometri a nord est di Roma, Comune di ben 89 mila abitanti.
Guidonia e il servizio scuolabus
Omertà, protezione e impunità al Consiglio comunale
Qui si consiglia una visita degli uffici comunali. Per godere appieno dell’atmosfera – mutata, s’immagina, dopo una raffica di arresti, appena tre mesi fa – il viaggiatore s’inoltri prima nella prosa del giudice Alberto Cisterna, ex numero due della Direzione Nazionale Antimafia che, disponendo gli arresti, nel maggio scorso scrive: “Un’organizzazione criminale s’è insediata all’interno del comune di Guidonia e, profittando della copertura offerta da ruoli amministrativi e politici di rilievo, ha depredato le risorse pubbliche e la fiducia dei cittadini, in un clima di connivenza e omertà che ha offerto protezione e impunità per anni ai partecipi del gruppo. Una ‘mafia bianca’ – continua il giudice per le indagini preliminari – ha espugnato le istituzioni ergendosi a soggetto regolatore della vita pubblica ed economica di uno dei più importanti comuni del Lazio”. A scanso di equivoci, l’appellativo di “mafia bianca”, resta una suggestione: nessuno degli indagati è accusato infatti d’associazione mafiosa. E gli episodi, data la premessa, va da sé che siano tanti. Ne segnaliamo un paio, giusto per affrescare il contesto.
Michele Maccaroni, per esempio, impiegato nell’Area politiche ambientali e decoro urbano, è accusato d’aver ricevuto circa 90 mila euro, tra il dicembre 2015 e settembre 2016, da Maurizio Pizzi (indagato, ma non arrestato). E in cambio di cosa, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto questi soldi? Per “formare provvedimenti amministrativi ideologicamente falsi”.
La società Mab 2001 di Pizzi, infatti, “avrebbe ricevuto commesse … al solo fine di ottenere il pagamento dell’Ente”. In che senso al “solo fine di ottenere il pagamento”? Ecco in quale senso: veniva pagata “senza mai adempiere alle prestazioni oggetto degli affidamenti”. Quali progetti? “Cultura ambientale”, per esempio, oppure “fornitura di compostiere domestiche”. Il caso si fa più interessante quando inquadriamo la figura dell’ex sindaco, Andrea di Palma, che peraltro indossa la divisa della Guardia di Finanza. Va detto che, ancora una volta, è proprio la Guardia di Finanza a coglierlo con le mani nel sacco o, per essere più precisi, con i soldi in saccoccia.
Quando l’imprenditore Antonio Pompili, titolare della Autolinee Sap srl, che punta alla proroga del servizio scuola bus e altri appalti, parla al vicesindaco del prolungamento del contratto, Di Palma pare piuttosto esplicito. E gli risponde che, “per rinnovare il contratto del Tpl era necessario dare del denaro per finanziare ‘la politica‘, per un importo pari a 100 mila euro”. È lo stesso Pompili a raccontarlo agli inquirenti, spiegando d’aver risposto che 100 mila euro, come dire, erano un po’ troppi per le sue possibilità. E Di Palma che fa? “Gli riferiva – si legge negli atti – che v’erano altri concorrenti che volevano aggiudicarsi il medesimo servizio”.
A quel punto, il Pompili, “accettava la richiesta di denaro… per non perdere l’appalto…”, pur precisando che, comunque, “i 100 mila euro pretesi erano troppi e avrebbe pagato in misura inferiore, senza però quantificare”. Stretto l’accordo, si pubblica la delibera della giunta comunale, che nel gennaio 2016 “proroga, di fatto, l’affidamento diretto del servizio scuolabus”. Pur tuttavia, il meccanismo s’ingrippa, poiché un dirigente “chiede ulteriore documentazione” e “ritarda il rinnovo contrattuale”. È a questo punto che Pizzi incarica tal Massimo Egidi (anch’egli indagato per corruzione) di consegnare al Di Palma, che ormai non è più vicesindaco, ma è tornato a indossare la divisa, una mazzetta da 50 mila euro. Dove gliela consegna? La scena è cult: in una caserma della Guardia di Finanza. Da non credersi. Mazzetta poi sequestrata. Dai suoi stessi colleghi finanzieri. E ora, percorrendo appena 22 chilometri, entriamo nella capitale. Dove – segnalando il caso dell’anno – invitiamo il lettore a dirigersi in via Isonzo 19/E.
Roma e il capitale
“Facility management”, l’appalto da 2,7 miliardi della Consip
Il grande palazzo con le finestre a specchio dinanzi a voi è la sede della Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana. Ed è con l’accusa di corruzione, proprio nell’inchiesta su Consip, che a gennaio viene arrestato l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo. Su di lui – scarcerato pochi giorni fa dal Tribunale del Riesame – pende la richiesta di giudizio immediato avanzata dal procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, e dal sostituto Mario Palazzi. Richiesta avanzata anche nei confronti di Marco Gasparri, ex dirigente Consip, al quale, secondo i pm, Romeo avrebbe consegnato circa centomila euro in 3 anni. E non soltanto secondo i pm, considerato che, ad ammettere la mazzetta da 100 mila euro, è stato lo stesso Gasparri: “Ho preso 100 mila euro da Romeo per garantirgli consigli e informazioni sulle gare Consip”.
Com’è noto dagli scoop firmati dal nostro Marco Lillo, e dal suo libro “Di padre in figlio”, che gli sono costati anche una perquisizione, il viaggiatore è dinanzi alla cattedrale della spesa pubblica italiana, con il più grande appalto finito nella lente degli investigatori – ben 2,7 miliardi – e gli indagati più eccellenti dell’anno: Tiziano Renzi, per esempio, accusato di traffico d’influenze. E poi il ministro dello Sport Luca Lotti e il comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette, entrambi accusati di favoreggiamento e rivelazione del segreto istruttorio. Insomma, il viaggiatore non si lasci sfuggire l’occasione, perché nel “grand tour della mazzetta”, una cartolina dalla Consip vale il viaggio intero. E ora, prima di fare un salto in Toscana, una breve sosta a Rieti.
Sanità toscana
Mi assegno la gara e non la faccio
La tappa prevede una passeggiata nell’ex ospedale psichiatrico, uno sguardo ai locali destinati all’attività ecografica presso il servizio di radiologia, il calpestio dei marciapiedi che portano al servizio materno infantile. Piccoli lavori, se considerati separatamente, in realtà – secondo l’accusa – un unico grande appalto da 8 milioni che il siracusano Marcello Fiorenza, dirigente e responsabile dell’ufficio tecnico patrimoniale della asl di Rieti, affidava illecitamente a un gruppo di imprenditori. Ottenendo in cambio un lungo elenco di “utilità”. Il campionario è davvero vasto e varia dal settore traslochi al settore trasporti, con porti al turismo. La cessione a titolo gratuito di una Mini Cooper (a sua moglie), un trasloco di mobili stimato in mille euro, un trasporto di arredi da giardino, forniture di gasolio, computer, un’asciugatrice, il pagamento di viaggi in Siria (3.400 euro), Argentina (2.000 euro), Uruguay (3.400 euro) e Parigi (2.500 euro). E da Rieti spostiamoci, infine, a Firenze.
Qui d’indagini per corruzione, quest’anno, ne sono emerse tre. Ve ne segnaliamo una per restare in tema. Ovvero: la sanità. Roberto Borchi è un funzionario dell’Estav, cioè l’ente di supporto alle Asl toscane, per i Servizi Tecnico-amministrativi. Secondo l’accusa, quando l’Estav deve acquistare un immobile da adibire a piattaforma logistica, Borchi “induce indebitamente” l’amministratore della società che vende l’immobile – la Difin spa – ad “affidare l’incarico di progettazione e direzione dei lavori di ristrutturazione” a un ingegnere di sua fiducia: Sandro Vasarri. Non solo. Secondo la GdF di Firenze, guidata dal generale Benedetto Lipari, la società che dovrà eseguire i lavori – il Gruppo Sei srl -, in realtà, è “a lui riconducibile”. E così, sostiene a maggio il gip di Firenze Antonio Pezzuti, si crea “uno schermo mediante il quale Borchi percepiva … il pagamento di tangenti… anche sotto forma di affidamento di incarichi professionali retribuiti e di appalti di lavori da eseguire”. Ma almeno, il lavoro, è stato eseguito? Neanche per idea.
Il viaggiatore del mazzetta tour, in quest’ultima tappa, dovrà esercitarsi con la fantasia e immaginare quel che sarebbe stato – la piattaforma logistica – e che invece non c’è. Il gruppo Sei, infatti, l’appalto in questione, non riuscirà mai ad eseguirlo. Il motivo? “Non aver prestato garanzie bancarie tali da essere ritenuto affidabile dall’istituto di credito che doveva finanziare le spese da sostenere per l’esecuzione dei lavori”.
6 – CONTINUA
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Si segnala che il sig. Antonio Pompili ha definito la sua posizione con sentenza di patteggiamento del 31 ottobre 2017
Articolo aggiornato il 2/9/2020