“Il terrorismo dell’Isis finirà anche in Europa quando terminerà l’occupazione della Palestina”. Mahmoud Abbas, per tutti Abu Mazen, è il successore di Yasser Arafat alla presidenza dell’Autorità nazionale palestinese dal 2005 e dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) dal 2004. Accetta di parlare al Fatto mentre l’Occidente è sconvolto per l’ultima barbarie dell’Isis e affini a Barcellona: “È importante bloccare il modo in cui questi gruppi reclutano le persone”.
Presidente, gli attentati dell’Isis avranno una fine?
Non c’è dubbio. L’Isis sparirà e per sempre. Voglio ricordare che più dell’80 per cento delle vittime non sono in Europa ma nel mondo arabo. E posso dire, con tutta certezza, che la fine dell’occupazione israeliana della Palestina sarebbe la chiave per debellare l’Isis, al Qaeda e gruppi simili. Stiamo lavorando con decine di Stati di tutto il mondo per sconfiggere il terrorismo.
Hamas è nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata da Usa, Ue e altre cancellerie occidentali…
Hamas fa parte del popolo palestinese e non li consideriamo terroristi. Però chiediamo ad Hamas di accettare il nostro programma politico e le elezioni.
Qual è la vostra posizione rispetto al regime di Assad e alla situazione della Siria?
Abbiamo 600mila profughi palestinesi in Siria, centinaia di persone sono state uccise durante la crisi, hanno subito brutali esecuzioni da parte dell’Isis e di vari terroristi. Altri sono morti di fame e altri ancora sono fuggiti anche in Europa. La quantità della distruzione è stata incredibile e non sempre siamo riusciti a fornire aiuti umanitari al nostro popolo. Vogliamo una soluzione politica per la Siria e potrà avvenire solo per volontà dei siriani, siamo pronti a sostenere questo sforzo.
Crede che potrete mai trovare davvero pace nel conflitto con Israele?
Crediamo in mezzi pacifici per raggiungere l’obiettivo dell’indipendenza, una pace giusta e duratura. La comunità internazionale ha l’obbligo di aiutarci a porre fine all’ultima occupazione sulla Terra. La Palestina è l’ultimo Paese occupato rimasto al mondo.
Reali prospettive di pace?
Stiamo cercando di raggiungerla con legittimità internazionale, con l’iniziativa araba e con gli accordi già firmati: la soluzione sono i due Stati, Israele e Palestina, vicini in pace e sicurezza. Ma è chiaro che il governo israeliano del premier Netanyahu non creda più alla soluzione dei due Stati: è un rischio per il processo di pace perché la situazione reale sul terreno è quella di uno Stato, Israele, che applica un sistema di apartheid e non possiamo accettarlo. Il nostro auspicio è quello di arrivare a un accordo storico con il supporto e l’approvazione del presidente Trump: una Palestina indipendente sul confine del 1967 con Gerusalemme Est capitale.
Come sono i suoi rapporti con Benjamin Netanyahu?
Sono sospese tutte le relazioni con Israele finché non ritorneranno a rispettare gli accordi. Ma ho già espresso l’intenzione di incontrare Netanyahu a Mosca con il presidente Putin e sono pronto a incontrarlo anche sotto l’egida del presidente Trump.
Che aspettative ha dall’amministrazione Trump?
C’è un impegno serio. Ho incontrato Donald Trump tre volte nei suoi primi otto mesi di presidenza. Siamo pronti a un accordo storico che ponga fine al conflitto.
Ritiene che la presidenza Obama abbia fatto compiere passi avanti verso la pace?
Obama e la sua squadra hanno fatto del loro meglio, ma ci sono state molte cose in cui non ci siamo trovati d’accordo: si è opposto al nostro diritto di ricercare la piena adesione e riconoscimento nell’ambito delle Nazioni Unite. Condividevamo la soluzione a due Stati ma Israele ha fatto di tutto per sabotare ogni passo avanti di Obama in questo senso. Siamo riusciti a ottenere un risultato importante con la risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma per il resto Obama ha preso la stessa posizione, purtroppo, di altre presidenze americane del passato: anche con lui gli Stati Uniti non hanno fatto quanto necessario per porre fine all’occupazione e per la soluzione dei due Stati.
Contrasterete i nuovi insediamenti in Cisgiordania?
Tutti gli insediamenti sono illegali e Israele dovrebbe rispettare la risoluzione 2334. Continueremo a fronteggiare l’espansione israeliana alla Corte penale internazionale e all’Onu. E stiamo lavorando per rafforzare la stabilità della nostra patria.
Il vostro popolo la considera distante dai problemi quotidiani di sopravvivenza?
Faccio parte di loro, vivo con il loro dolore e la loro sofferenza. Siamo stati fianco a fianco un mese fa contro le nuove restrizioni israeliane per la moschea di Al Aqsa e siamo riusciti insieme a contrastare questi provvedimenti. Potrei fare molti altri esempi. Voglio costruire istituzioni nazionali basate sullo stato di diritto, garantire diritti e opportunità a tutti i palestinesi.
Il suo partito, Fatah, è stato infettato dalla corruzione in passato…
Da presidente ho costituito una commissione anti-corruzione e sono stati perseguiti i corrotti. Abbiamo applicato programmi di trasparenza, abbiamo aderito a numerose convenzioni dell’Onu per rafforzare le nostre istituzioni.
Crede che la Palestina sarà uno Stato laico o islamico?
La Palestina non sarà mai uno Stato religioso. Per noi non dovrebbero esserci Stati confessionali nella regione, ma rispettiamo tutte le fedi. Personalmente partecipo ogni anno alle feste natalizie nella città santa di Betlemme.
Gerusalemme potrà essere mai capitale sia di Israele sia della Palestina?
Gerusalemme Est è la capitale dello Stato sovrano di Palestina. Il nostro orizzonte è che Gerusalemme sia una città aperta a tutte le religioni.
Pensa mai di lasciare la Presidenza?
Vinsi le elezioni con il 62% dei voti (nel 2005, ndr). Io avrei indetto nuove elezioni, ma non è stato possibile a causa degli ostacoli imposti da Hamas e per il loro controllo illegale della Striscia di Gaza. Cosa dovremmo fare? Elezioni solo in Cisgiordania? Abbiamo offerto loro la possibilità di un governo di unità nazionale e nuove elezioni. Non ne vogliono sentir parlare. Non vedo l’ora, in ogni caso, della prossima riunione del Consiglio nazionale: saranno prese importanti decisioni sulle elezioni e sul nuovo comitato esecutivo dell’Olp.
La maggior parte delle nuove generazioni in Palestina è cresciuta sotto l’occupazione militare. Come può essere immune dall’odio?
Stiamo educando i nostri giovani alla costruzione del loro futuro con la cultura della pace. È importante concentrare le energie sull’amore verso la nostra patria.
Qual è stata la volta che ha più temuto per la sua vita, presidente?
Avevo 13 anni: siamo stati espulsi da Safad, la mia città, da milizie sioniste. Era il 1948. La Nakba, il disastro, è stato terrificante, non lo dimenticherò mai: sono impegnato col mio popolo a non permettere che possa accadere mai più, a consentire a tutti i palestinesi di rimanere nella nostra terra in libertà e indipendenza.