Dal Nord-Est, in questa ultima puntata, il “tour della mazzetta” si sposterà attraverso Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria e Sardegna. Prima tappa a Milano. E per la precisione negli uffici del Comune, dove il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, guidato dal colonnello Vito Giordano, scopre un “quadro di gestione sistematicamente illecita degli appalti”.
Il riferimento è agli appalti sugli “interventi per l’ottenimento del certificato di idoneità statica presso gli edifici scolastici cittadini”. Insomma, parliamo degli appalti sulla sicurezza nelle scuole e, per Gdf e Procura, non si tratta della prima volta che si occupano degli appalti in questione.
Appalto sicurezza nelle scuole, tariffa fissa al 5 per cento
E l’imprenditore tratta: “Non puoi venirmi incontro?”
Uno di questi appalti, infatti, viene assegnato alla società Siva Srl ed è già oggetto d’indagine nel 2015. Ed è proprio nel corso delle indagini che, interrogando Marco Volpi, titolare della società Professione Edilizia Srl, gli inquirenti scoprono che alcuni funzionari del Comune avevano avanzato richieste molto particolari sugli appalti in questione. “Le aggiudicazioni – si legge negli atti – appaiono il frutto di precisi accordi tra le principali imprese (apparentemente) concorrenti, accordi avallati da dirigenti comunali istituzionalmente coinvolti nella procedura di assegnazione”. Interrogando Volpi, però, si scoprono nuovi episodi. Che portano, ad aprile, a nuovi arresti. Il reato contestato è la concussione che, però, entra a pieno titolo nel “Mazzetta tour 2017” dedicato alla corruzione, proprio perché è legato alle collusioni già scoperte nell’indagine del 2015.
“La nuova vicenda delittuosa – scrive il gip di Milano – ruota intorno alla figura di Massimiliano Ascione, dirigente del Comune di Milano e direttore dei lavori dell’appalto”. Ma cosa racconta Volpi? Che Ascione “gli ha rivolto una formale richiesta di denaro affinché la gestione dell’appalto potesse essere effettuata da Siva senza particolari ‘problemi’…”.
“Volpi – si legge negli atti – accetta di corrispondere la dazione in denaro ad Ascione, il cui importo viene fissato nel 5 per cento dell’appalto, pari a circa 100 mila euro”. Prevista la somma, stabilite le scadenze. “Per la corresponsione dell’utilità – sostiene l’accusa – Ascione e Volpi si accordano affinché venga effettuata a seguito del pagamento di ciascun Sal (Stato avanzamento lavori, ndr) effettuato dal Comune di Milano alla Siva”.
Ed ecco la vicenda raccontata direttamente da Volpi che riepiloga il dialogo con il direttore dei lavori: “A un certo punto il direttore dei lavori che aveva preso in carico l’appalto della Siva mi contattò e mi disse ‘eh, ma tu conosci la Siva’, ‘eh sì io la conosco, siamo molto amici’, eccetera eccetera, ‘eh però, insomma, sai qui l’appalto, il 53 per cento di ribasso, una cosa e l’altra’, gli ho detto ‘va beh, stringi, stringi, qual è il problema? Cioè con il 53 per cento di ribasso se lavoriamo… se facciamo delle cose fatte bene ci stiamo, cioè non è che ci massacriamo’…”. E quindi, quale sarebbe il problema?
Con quel ribasso, a quanto pare, qualcuno avrebbe potuto obiettare qualcosa. E infatti, dinanzi ai pm, Volpi continua a riepilogare il dialogo e riferisce le parole del direttore dei lavori: “…‘eh lo so però, sai com’è, come non è’, insomma i soliti giri pindarici e dice ‘ma sai a un certo punto qui con il 53 per cento è pericoloso per l’impresa, è pericoloso per Tizio, per Caio, per Sempronio‘…”. A quel punto Volpi sembra avere ormai le idee chiare: “… gli ho detto ‘vabbè, stringiamo e dimmi cosa vuoi’, ‘beh, sarebbe una cosa buona per tutti se ci fosse una ricompensa anche per me’. Al che mi sono cadute le braccia…”. E ancora, quando il pm chiede “…questa direzione tecnica le ha chiesto una ricompensa per cosa?”.
La borsa sul tavolo e i soldi nell’armadietto
Quei pranzi per accordarsi: “Vedrai, sarai contento”
La risposta di Volpi è fin troppo chiara: “Per far sì che questo appalto non subisse delle problematiche, dei rallentamenti, che filasse tutto liscio, che non ci fossero ritardi nell’emissione dei Sal, insomma, perché l’appalto è molto complesso con la carta…”. “Quando lei ha portato i soldi in ufficio al signor Ascione – chiede il pm – si ricorda dove li ha messi, se era una modalità, aveva un cassetto, aveva… in una tasca li ha…”. “Molte volte – risponde Volpi – aveva la borsa sul tavolo e glieli infilavo dentro, molte li prendeva lui e li metteva dentro l’armadietto”.
“Chiesi io di andare a pranzo – dice Volpi – dunque andammo fuori a pranzo e a quel punto io cercai di essere il più diretto possibile, senza neanche star troppo a girare intorno all’argomento, perché ormai l’argomento era abbastanza chiaro, cioè abbastanza, era chiarissimo, per cui gli ho chiesto ‘guarda andiamo subito al sodo e dimmi subito qual è il succo del discorso e cosa pretendi perché ciò avvenga’. Niente, e lui ha detto ‘ma, guarda, il 5 per cento andrebbe bene, immagino, ma ti rendi conto di quello che è il 5 per cento su un appalto del genere?’, dice ‘eh, questo è… e questo…’, ho detto ‘vabbè, ma cerchiamo di venirci incontro…’, replicai che si trattava di un importo ingente, su appalto del genere, con un ribasso del genere, ma non ci fu possibilità di discussione, insomma, ‘vedrai che sarai contento’, insomma le solite cose…”. Il pm domanda: “Disse che così andava, testualmente?”. “Sì”, risponde Volpi, “che quella era la percentuale, e che non ne avrei risentito sull’appalto…”. E così Massimiliano Ascione, nella sua qualità di direttore dei lavori, viene accusato di aver “abusato della sua qualità e dei suoi poteri” e di aver “costretto Volpi a consegnargli indebitamente 100 mila euro, pari al 5 per cento del valore complessivo dell’appalto, di circa 2 milioni”. E, se non bastasse, Ascione avrebbe ricevuto anche un orologio da 11 mila euro.
Dal Comune di Milano passiamo adesso al Centro traumatologico ortopedico sotto la Madonnina.
Dalla cravatta all’ospitata in Rai
Così i colossi delle protesi corrompevano il chirurgo
Era uno stakanovista del bisturi il chirurgo ortopedico Norberto Confalonieri, primario del Cto di Milano. Una macchina impianta protesi in grado di seguire direttamente – scrive sul suo curriculum – 500 interventi chirurgici all’anno. Due al giorno, se escludiamo i festivi. Ed era un ottimo investimento – spiegano da un altro punto di vista i magistrati della Procura di Milano, che ne hanno chiesto e ottenuto l’arresto – per due colossi delle protesi, la Johnson & Johnson e la B. Braun.
Più della metà dei sistemi acquistati venivano dalle due ditte, senza passare da regolari appalti, grazie alla sua buona parola di primario. In cambio Confalonieri riceveva un fiume di denaro, ospitate in tv e viaggi pagati. Per l’esattezza, la contabilità registra con la freddezza delle carte dell’inchiesta: 32,7 mila euro versati al figlio, inviti a programmi televisivi ed eventi scientifici, Medicina 33, su Rai2, un servizio di comunicazione da 6 mila euro, includendo un’intervista su Il Giornale, viaggi pagati per la partecipazione a congressi internazionali per 28 mila euro, l’uso gratuito di strumentazione e software valutati 357 mila euro. E ancora: una cena per 30 persone in un ristorante del centro di Milano, frequentato dal jet-set, e due cravatte – prezzo di listino 220 euro – da regalare agli ospiti.
L’elenco delle ipotesi di reato contestate alla fine delle indagini della Procura di Milano inizia con le mazzette e finisce con due casi tragici, che hanno visto pazienti del superchirurgo Confalonieri subire dure conseguenze per interventi mal riusciti. In un caso, su una donna anziana, era stata fatta la prova di un nuova tecnica – sostengono i magistrati – che il primario del Cto avrebbe poi applicato a una paziente privata.
Il tour prevede ora un passaggio nella stanza dei misteri. Quale? Per saperlo dobbiamo spostarci ad Aosta.
Aosta, 25 mila euro in cerca d’autore
Savona, intervento di chirurgia plastica per cambiare cognome
È il 22 giugno quando, durante alcuni lavori di manutenzione, il neo presidente della Val d’Aosta, Pierluigi Marquis, trova qualcosa di strano sotto la sua scrivania: ben 25 mila euro. A quel punto, Marquis chiama la polizia di Stato, che comunica il ritrovamento alla Procura. E all’istante viene aperto un fascicolo per corruzione a carico di ignoti: ma chi avrà mai lasciato quei 25 mila euro sotto la scrivania? Ah, saperlo.
Passiamo adesso in Piemonte. Breve sosta a Rivoli dove Francesco Massaro, consigliere comunale e presidente della Prima Commissione Intersettoriale è accusato di aver chiesto soldi ad alcuni imprenditori. “Dopo che aveva procurato … una commessa … del valore compreso tra 29.500 e 35.000 euro inerente l’esecuzione di lavori nel cimitero comunale di Rivoli”, scrive l’accusa, “prospettava che avrebbe garantito il rilascio di permessi e l’iter autorizzativo per l’esecuzione dei lavori medesimi e curato ogni rapporto con altri uffici pubblici ad essi interessati, quali ad esempio la Soprintendenza ai Beni Culturali, e chiedeva più volte il versamento della somma complessiva pari al 10 per cento del valore della commessa”.
Da Rivoli scendiamo a Savona. Dove l’ex prefetto Andrea Santonastaso, secondo l’accusa, si faceva ricompensare i “favori” in cene, per esempio, “in cambio della trattazione di un ricorso” per una “contravvenzione stradale”. A fargli compagnia c’è anche l’Ispettore capo della questura di Savona, Roberto Tesio, poiché dagli atti emerge che i due, in un altro caso, “favorivano l’assegnazione di una piazzola nel territorio del comune di Spotorno per svolgervi l’attività di vendita di alimenti e bevande”. In cambio Tesio otteneva la riparazione di un’auto incidentata. Riparata da chi? Secondo l’accusa da un uomo “contiguo a una cosca calabrese”. Niente male. Ai due, nell’inchiesta, si aggiunge Carlo Della Vecchia, direttore amministrativo contabile della Prefettura di Savona. E quando tal Paolo Cabiddu chiede di cambiare il proprio cognome, al “fine di eludere controlli e verifiche sui precedenti penali, Della Vecchia gli chiede in cambio un “intervento di liposuzione presso una clinica privata di Genova”.
Il tour si appresta a terminare con un breve passaggio in Sardegna. Per la precisione a Oristano e all’Ospedale San Marino. La Guardia di Finanza, insospettita dal moltiplicarsi delle assunzioni di tipo interinale in tutte le strutture gestite dalla Asl, compreso l’ospedale in questione, inizia a indagare. Secondo l’accusa, le assunzioni degli interinali, potrebbero rappresentare, in realtà, una strategia per farsi beffa delle graduatorie ed evitare la pratica dei concorsi. In questo modo, insomma, le assunzioni sarebbero state più facilmente gestibili. Il sospetto, però, è che sarebbero avvenute spesso in cambio di qualcosa. Di cosa?
Risposta semplice. Strategia inossidabile. Un classico della nostra storia. In cambio di voti.
8 – FINE
LEGGI LE PUNTATE PRECEDENTI
•L’inchiesta/1 – Dalle Asl al Senato: ogni giorno 3 indagati
•L’inchiesta/2 – In Italia tangenti per 1,7 milioni ogni mese
•L’inchiesta/3 – Dagli aliscafi di Sicilia alla Salerno-Reggio
•L’inchiesta/4 – Basilicata e puglia, dighe e antiracket
•L’inchiesta/5 – Napoli, i beni culturali presi d’assalto
•L’inchiesta/6 – Lazio e Toscana, la mafia bianca
•L’inchiesta/7 – Nord Est: la corruzione a tariffa fissa
A questo ciclo di 8 puntate hanno lavorato Fabrizia Caputo, Francesco Casula, Vincenzo Iurillo, Giuseppe Lo Bianco, Lucio Musolino, Valeria Pacelli e Andrea Palladino. Coordinamento: Antonio Massari. I lettori potranno mettere la loro impronta a questo progetto inviando segnalazioni per nuove inchieste all’indirizzo mail red.inch@ilfattoquotidiano.it