Questo articolo è stato già pubblicato venerdì scorso quando prevedemmo (ma non era difficile) che il direttore generale della Rai, Mario Orfeo, avrebbe fatto a Milena Gabanelli la classica proposta che avrebbe dovuto rifiutare (l’assonanza con la famosa frase di don Vito Corleone è puramente casuale). Scrivemmo che rinunciare alla giornalista che ha creato Report sarebbe stato come se Allegri avesse tenuto in tribuna Dybala pur di non farlo giocare. Aggiungemmo che se l’ottimo Orfeo avesse costretto la Gabanelli a fare la valigie, stando agli odierni canoni della meritocrazia al contrario avrebbe meritato la nomina a ministro. Poiché oggi sappiamo che il dg con autentico virtuosismo le ha offerto la condirezione di Rainews (non proprio l’ammiraglia del servizio pubblico) e la redazione del relativo sito semiclandestino, nel mentre l’accompagnava alla porta, pensiamo che adesso egli meriti addirittura la poltrona di Palazzo Chigi. Del resto, cos’altro si può fare se non prendere atto della distruzione progressiva di quel patrimonio culturale e informativo chiamato Rai?
Un tempo era un bene pubblico. Oggi, pur sempre finanziato dal canone degli italiani, è amministrato come esclusiva proprietà privata da un clan ristretto che risponde soltanto ai propri mallevadori: partiti politici, produzioni televisive esterne, grandi inserzionisti pubblicitari, potenti agenzie che hanno sotto contratto star dello spettacolo, conduttori, giornalisti. Dite voi in quali di queste categorie può rientrare il format umano e professionale Gabanelli. Una che dalla politica è sempre stata vista come il fumo negli occhi. Una che sugli appalti (anche Rai) dati agli amici degli amici ha fatto fior di trasmissioni. Una che, per aver denunciato per anni gli impicci delle grandi aziende di Stato oltreché dei colossi privati, ha rotto il ricatto del “vi diamo la pubblicità se parlate bene di noi e ve la togliamo se ci date fastidio”. Una fuori da ogni confraternita o scuderia. Una per tutte queste ragioni amata e rispettata dal pubblico televisivo. Per gli Orfeo e compagnia cantante, questo probabilmente è il suo vero imperdonabile difetto. Se i ragazzi del clan frequentassero le persone normali invece di starsene rintanati in Viale Mazzini a riprodursi per partenogenesi, forse fiuterebbero in giro un’aria poco favorevole. Sappiano che la storia del contratto d’oro a Fabio Fazio non è piaciuta per niente.
Padrone lui di farsi pagare quanto vuole, ma padrone anche il pubblico di non sorbirsi più i consueti pistolotti moralistici declamati col ciglio umido dal bravo presentatore. Vedremo gli ascolti e vedremo se il fiume di denaro investito su Che tempo che fa sarà valso la candela. E poco è stata gradita la cacciata di Massimo Giletti per la sua troppo scomoda Arena: rinforzerà la squadra concorrente di La7. Quando (forse oggi) si saprà che se ne va anche la Gabanelli, la tv di Stato avrà dato di sé l’immagine peggiore, ma certamente più autentica. Un’azienda dai valori etici e professionali capovolti: se sei bravo, peggio per te.