Ci sono due fatti nuovi, scoperti dal Fatto, che dimostrano quanto sia traballante la linea difensiva di Tiziano Renzi. Carlo Russo, secondo il babbo dell’ex premier, sarebbe solo un amico dei pellegrinaggi a Medjugorje che, quando trattava 30mila euro al mese per lui millantava il suo cognome con Alfredo Romeo. Il babbo è creduto e spalleggiato dal figlio in pubblico, meno in privato, quando nelle telefonate – più sincere delle interviste – gli grida: ‘Papà non ti credo!’.
Il Fatto ora ha scoperto che Russo incontrava Maurizio Gentile, 62 anni, amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana, nominato a luglio 2014 nell’era Renzi. Non solo. La società Grandi Stazioni, guidata da un altro manager di nomina renziana, Silvio Gizzi, anche lui amico (e coindagato per turbativa di gara) di Russo ha dato un appalto da 36 milioni di euro a un gruppo di vigilanza privata, Security Service Srl di Renato Mongillo, che pochi mesi prima aveva finanziato, su indicazione di Tiziano Renzi, la campagna elettorale per le regionali del sindaco dottore di Rignano, Daniele Lorenzini, allora nel Pd guidato dallo stesso Tiziano, suo paziente.
A curare la pratica – secondo quanto dichiarato dal sindaco – era stato Tiziano insieme a Carlo Russo. E i soldi alla fine erano finiti alla società dei Renzi (la Eventi6 della madre e delle sorelle di Matteo) di cui Tiziano Renzi è il motore.
Nel maggio del 2015 il sindaco Lorenzini si candida alla regione e riceve 10mila euro per la sua campagna elettorale grazie al babbo di Renzi. Quando il mandatario elettorale di Lorenzini, Tommaso Cipro, chiede a Tiziano le carte della società donataria, lui gli fornisce il telefono di Carlo Russo. La Secutrak invia la delibra assembleare che approva la donazione di 10mila euro ma quando Cipro fa la visura scopre che non è di Russo ma di Renato Mongillo.
Il 30 maggio, come da accordi con Tiziano Renzi, Lorenzini usa quei soldi per pagare, con regolare fattura (10 mila euro più iva di 400 euro) i servizi di “stampa e distribuzione di 60 mila folders” e “affissione su 24 comuni del collegio”. A Roma dieci giorni dopo, il 10 giugno 2015, Grandi Stazioni bandisce una ‘procedura ristretta’ per assegnare in due lotti la pulizia delle stazioni italiane. Il 23 dicembre 2015, sulle quattro offerte ricevute, la società amministrata dall’amico di Carlo Russo, Silvio Gizzi, giudica più vantaggiosa per uno dei due lotti proprio quella della Security Service Srl di Renato Mongillo. Alla fine la società che controlla la generosa Securtrak si aggiudica un ‘accordo quadro’ da 36 milioni e 684 mila di euro per la vigilanza delle stazioni di Bologna, Bari, Palermo, Napoli, Verona, Venezia e Firenze.
C’è poi un’altra coincidenza. Il 21 settembre Carlo Russo, mentre è seguito e fotografato dai Carabinieri del Noe, incontra alla Stazione Termini di Roma in rapida sequenza l’amministratore delegato della società pubblica appaltante, Silvio Gizzi e poi – alle 10 di mattina – il patron della società appaltatrice, Renato Mongillo.
“Russo non mi ha mai presentato Mongillo e ora basta con queste domande” ci ha detto Gizzi ieri prima di attaccare il telefono. Mongillo non è nuovo alle cronache: nel 2004 aveva ammesso di avere versato (come concusso, a suo dire) 200 mila euro a un assessore del Lazio per accelerare l’aggiudicazione di un appalto.
Quanto a Gizzi, Russo pensava di avere un particolare ascendente su di lui.
Nelle conversazioni intercettate dal Noe dei Carabinieri Russo un anno fa sostiene di essere in grado di far vincere a Romeo un’altra gara in corso e il 18 ottobre 2016 dice: “io ho fatto il conto di calcolare quel 2 o 3 per cento…. soltanto …. su Grandi Stazioni… una cosa che già ci abbiamo in tasca”. Poi invece l’appalto va a una società diversa.
I pm di Roma indagano Russo da un lato con Gizzi per turbativa di gara su Grandi Stazioni e con Tiziano Renzi per traffico di influenze illecite in relazione alla Consip. “Di concerto” con il babbo del leader del Pd – secondo l’ ipotesi dei pm – si facevano promettere indebitamente da Romeo l’erogazione di somme di denaro mensili, come compenso per la loro mediazione verso l’amministratore di Consip di allora, Luigi Marroni.
La difesa di Tiziano Renzi è che si trattasse di millanterie di Russo con Romeo. Però, almeno nel gruppo FS, Russo era davvero in grado di parlare con i vertici, compreso Maurizio Gentile, amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana, che gestisce 16 mila chilometri di binari e fattura 2,5 miliardi.
Il Fatto ha scoperto nelle carte depositate dai pm di Roma una telefonata del 10 novembre 2016 in cui Russo parla con Diego Sala, direttore commerciale della Faiveley Transport Italia Spa di una commessa relativa ai freni dei Frecciarossa. L’ordine per decine di milioni di euro era stato assegnato dal costruttore dei treni, Hitachy Rail, a due concorrenti di Faiveley gettando nel panico il management del gruppo francese con stabilimenti a Torino.
Russo dice a Sala: “Io la tua cartellina ieri mattina ho fatto colazione con Maurizio Gentile (Ad di Rfi, ndr) e gliel’ho data, chiedendogli – siccome so che hanno un ottimo rapporto – di intervenire su questa situazione. Quindi io non ho più niente di tuo, tutto quello che mi hai dato l’altra volta ce lo ha Gentile”. Sala spiega al Fatto: “Avevo raccontato a Russo che Trenitalia ha investito 5 miliardi di euro ma noi, che costruiamo in Italia i componenti dei treni per Francia, Cina e Germania, eravamo stati scartati. Il mio amministratore francese, visto che dall’Italia non ci davano commesse, voleva investire in altre nazioni. Russo si era interessato perché la nostra azienda è un gioiello. Alla fine non abbiamo ottenuto nulla”.
Russo sospettava di essere intercettato (era già uscita la prima avvisaglia dell’indagine su La Verità) e diceva a Sala “il maresciallo che ci ascolta può pensare quello che crede…” ma prometteva a Faiveley interventi a tutti i livelli: Carlo Russo: fissiamo un appuntamento con il Sottosegretario del Mise (Ministero Sviluppo Economico, ndr), così lo facciamo chiamare direttamente da lui se io non ho notizie dalla segreteria di Calenda.
Diego Sala: bravo. È chiaro che il cliente finale … il capo del cliente finale sarebbe il massimo perché è l’unica persona che li ha aiutati nel momento di difficoltà e che li influenza, questo è il messaggio e quello su cui loro sentono più pressione. Hai capito di chi sto parlando chiaramente…
Sala voleva un intervento a suo favore sul gruppo FS perché la commessa dei treni era stata assegnata da un privato come Hitachy Rail (ex Breda) ma era lo Stato il vero committente finale.
Renzi appena un mese prima era andato allo stabilimento della Hitachy Rail a Pistoia e Russo promette nella telefonata interventi su un sottosegretario e sulla parlamentare Pd locale.
Carlo Russo: ci muoviamo anche con il Mise, io penso Diego a questo punto di aver fatto tutto che potevo … magari fammi organizzare con il sottosegretario e poi guardo se rintraccio anche la nostra parlamentare di Pistoia così si va anche da lei martedì o mercoledì perché lei è stata quella che ha un po’ organizzato la visita del Presidente Renzi quando andò a Prato e Pistoia, capito?”.
Già a fine agosto 2016, nel contesto di un discorso con Alfredo Romeo sulle gare nel gruppo FS, Russo si vantava di avere un appuntamento alle 15 con Gentile.
Al Fatto, tramite ufficio stampa di Rfi, Maurizio Gentile fa sapere di avere incontrato Russo nella sede di Rfi e di avergli dato risposte generiche. L’amministratore delegato non ci ha voluto dire se qualcuno gli avesse ‘raccomandato’ Russo e anzi fa sapere che non c’è nulla di strano perché “l’amministratore delegato riceve tutti quelli che lo chiedono”. I delusi della rete ferroviaria italiana possono prendere appuntamento. Certamente saranno ricevuti come Russo, anche se non conoscono Tiziano Renzi.