Il Rosatellum Bis ci fa sognare. La sua nascita dipende da un manipolo di valorosi supportati da intellettuali di specchiata moralità. Insieme formano una sorta di Team Rosatellum. Scopriamoli insieme.
Rosato Ettore. Questo bell’omino, dal volto sbarazzino e dal crine saturo di Uni Posca renzino, ha deciso di consegnarsi mani e piedi alla leggenda. Concepire una cosa più orrenda di Porcellum e Italicum pareva impossibile, ma lui ce l’ha fatta. Poster in camera subito.
Migliore Genny. Ex massimalista divenuto col tempo – come quasi tutti i massimalisti – banderuola filogovernativa, è sempre in tivù a dirci che Renzi è Marx, Giachetti Lenin e Crudelia Morani Rosa Luxemburg. Se qualcuno lo contesta, lui replica: “La vedo troppo nervoso”. Se ha davanti un M5S o Mdp, sentenzia: “Ho perso il conto di quante volte Scotto e Di Battista hanno gridato alla deriva antidemocratica”. In questa squadra ha il ruolo di terzinaccio (di destra): bravo non è, però si applica parecchio.
Fiano Emanuele. Aveva detto che porre la fiducia sul Rosatellum Bis non era neanche argomento di discussione nel Pd. Infatti: nessuna discussione, ha deciso tutto il Sire Goffo di Rignano. E i tanti Fiano, almeno in questo bravissimi, hanno obbedito zelanti.
Richetti Matteo. Sempre più erculeo, fino a un anno fa era l’anello di congiunzione tra civatiani e renziani: i suoi fuorionda su Renzi e renziani, ascoltati oggi, sarebbero divertenti. Alludendo alle opposizioni, ha detto che la fiducia si è resa necessaria per “evitare i giochini del M5S”: un sincero democratico. Da quando Renzi gli ha regalato un ossicino in cambio del ruolo di maggiordomo, Richetti scodinzola a comando che è un piacere. Son soddisfazioni.
Meli Maria Teresa. Pascola tivù per difendere il Sacro Verbo Renziano. Se le citano i grillini gesticola tarantolata, se lodano Mdp urla supercazzole livide con Pisapia prematurata a destra. Una volta, a Bongiorno che lo sfotteva perché camminava male, Alberto Sordi replicò: “Vedi, Mike, il tempo che passa attacca in due modi. A volte alle gambe. E altre alla testa”. La Meli, che si sappia, cammina benissimo.
Gentiloni Paolo. Ha il carisma dei Pokemon, il coraggio dei Lego catalettici e la vis polemica degli alkekengi. Leader vero.
Mattarella Sergio. Quello prima era tutto un monito, questo è tutto un dormire. Da Re Giorgio a Ponzio Pilato: quanto ci manchi, Sandro Pertini.
D’Amico Ilaria. Di recente ha fatto sapere che non è più “purista”, per poi sostenere una tesi già mitologica: “Meglio qualche corrotto che uno Stato rotto”. Attendiamo con ansia altre rime di tal fatta. Per esempio: “Meglio un Rosatellum che un ultimatum”. Oppure, e se Ella preferisce: “Meglio qualche nominato che un Nardella adirato”. C’mon Ilaria.
Brunetta Renato. Quando Renzi pose la fiducia anche sull’Italicum, evocò il fascismo. Adesso no: adesso va bene tutto. “Io incoerente? Questa volta è una legge condivisa con parte delle opposizioni, magari non sono quelle che piacciono al Fatto. Noi vinceremo le elezioni con il centrodestra”. Ah, che meraviglia questa bella e salda coerenza dei falchi berlusconiani.
Scalfari Eugenio. Il capitano della squadra. Mai livido, a Di Martedì ha minimizzato sui rischi del Rosatellum per poi dispensarci il consueto Vangelo intriso di sfavillante democrazia: “Nelle democrazie funzionanti ci sono al massimo tre partiti: una sinistra democratica, una destra democratica, un gruppo di centro. Noi ne abbiamo cinque, uno dei quali è formato dai cosiddetti grillini. Non hanno un programma e insultano tutti”. Lui, invece, non insulta mai nessuno: si ispira direttamente a Gandhi.
Salvini Matteo. È la star indiscussa della formazione. Mesi e anni a spararle grosse, tra felpe obbrobriose e ruspe a casaccio, per poi divenire un pretoriano qualsiasi del renzusconismo in cambio di due cadreghe. Il giorno in cui hanno distribuito la coerenza, e forse pure il coraggio, probabilmente era assente perché impegnato in una gara di rutti.