Scriveva Pieremilio Sammarco, avvocato, professore, maestro e un po’ mentore di Virginia Raggi: “Una piccola domanda: sai qualcosa per quel matrimonio da celebrare? Perché oggi mi sono tornati sotto…scusami”. Rispondeva Raffaele Marra, ex ufficiale della Finanza, dirigente comunale allora potentissimo perché molto vicino alla sindaca di Roma, poi arrestato per corruzione e ora in attesa della sentenza di primo grado: “Io rientro domani e credo che Salvatore abbia autorizzato. Domani verifico e ti dico”.
L’indomani, 11 ottobre 2016, Sammarco tornava alla carica: “Caro, stamattina mi è sembrato di capire che la cosa del matrimonio si sia sbloccata: il nubendo è il (primo) presidente del Tar Lazio”. E Marra: “Sì, lo so. Ne avevo parlato con Salvatore. Era cosa fatta per me e pensavo di avertelo comunicato. La delega di Santoro è stata firmata”.
Così è andata. Il 15 ottobre, il primo presidente del Tar del Lazio, Carmine Volpe, si è sposato, come desiderava, nella Sala Rossa del Campidoglio, la location più ambita, specie di sabato e se richiesta, come in questo caso, con poche settimane di anticipo.
Il matrimonio, con la delega della sindaca, è stato celebrato dal giudice Sergio Santoro, presidente di sezione del Consiglio di Stato. Tutto regolare. Però a parlarne sulla chat erano i due personaggi che forse in quel momento, tra l’elezione di Raggi (19 giugno 2016) e l’arresto di Marra (16 dicembre seguente), avevano più influenza sul sindaco di Roma. Tant’è che nelle loro chat pubblicate in queste settimane da vari giornali – sequestrate dai carabinieri a Marra al momento dell’arresto e trovate sotto forma di screenshot perché il funzionario cancellava le conversazioni ma conservava nel telefono le più importanti, come se dovesse usarle un domani – i due parlavano di come incidere sulle nomine di assessori e dirigenti e dicevano peste e corna dei 5Stelle romani che dal primo momento avevano parecchie perplessità su Marra e sul giro dei più stretti collaboratori della sindaca. E lo sposo a cui assicurare il buon esito della pratica era appunto il primo presidente del Tar del Lazio, l’integerrimo magistrato nel cui ufficio passano tutti gli atti impugnati delle amministrazioni con sede nella Capitale e quelli del Comune di Roma, nei cui uffici Marra si è attivato e ne ha parlato “con Salvatore”.
Chi è Salvatore? Ragionevolmente Salvatore Romeo, allora amico intimo e capo della segreteria di Raggi, la quale ha anche avuto qualche guaio giudiziario (archiviato) a causa della sua nomina, del suo stipendio e delle polizze che le aveva intestato. “Sì, conosco il presidente Volpe, ma non sapevo nemmeno del matrimonio, o magari è una delle centomila cose che mi sono passate davanti”, risponde Romeo. Marra invece non risponde, il suo avvocato nemmeno.
Il presidente Volpe naturalmente sì: “Non vedo – dice – eventuali illeciti. Sammarco? Sì forse lo conosco, certo non lo frequento, non ho parlato con lui del matrimonio, se n’è interessato il mio collega Santoro. Ho fatto domanda, c’è una procedura, la Sala Rossa è soggetta a pagamento e ho pagato. Marra no, non lo conosco. Sì – dice ancora –, sono il giudice degli atti del Comune, ma questo non significa che non mi posso sposare a Roma”. Nega, insomma, qualsiasi corsia preferenziale. Così anche Sammarco, avvocato civilista, non amministrativista (“in oltre vent’anni – dice – ho sottoscritto due soli ricorsi al Tar”), con un passato nello studio di Cesare Previti col quale ha chiuso i rapporti “più di dieci anni fa”, figlio dell’ex presidente della Corte d’appello di Roma, Carlo e fratello del penalista, Alessandro, che ha difeso Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e lo stesso Previti: “L’intervento per il matrimonio me l’ha chiesto un alto magistrato che doveva celebrarlo, non ho rapporti con il presidente Volpe. Mi ha detto che avevano fatto la domanda e non si avevano notizie sullo stato della pratica, mi ha chiesto di informarmi e io mi sono informato. Tutto qui”.
Tra le altre conversazioni iinedite c’è quella in cui Sammarco scriveva a Marra: “Vorrei far recapitare quelle cose richiestemi domenica dal capo”. E Marra: “Domani gliene parlo”. Chi è il capo? “Era la sindaca – risponde Sammarco – che mi aveva richiesto di farle avere dei suoi documenti che si trovavano nel mio studio”. Sarà ma in genere nella chat la chiamavano “V.”.
Marra e Sammarco erano vicinissimi. Quando il primo voleva far causa ai giornali che, scriveva nella chat, “mi massacrano”, l’avvocato risponde: “Il mio studio è a disposizione, senza oneri per te”. “Come molti – dice ora – non sapevo chi fosse Marra, non ho i poteri della Procura. Me lo presentò nel giugno 2016 la sindaca come una persona di sua fiducia. Marra – racconta – girava con una scatola di documenti contenenti denunce contro Tizio e Caio e i numerosi encomi ricevuti. Si presentava come paladino della giustizia, dicendo che per questo si era creato mnemici. Anche io, come la sindaca, mi sono fidato di quelle apparenze”.