La linea di Via Nazionale è chiara: Ignazio Visco non farà alcun passo indietro e non rinuncerà a un secondo mandato al vertice della Banca d’Italia. Alla fine di una giornata convulsa, dove tutti i protagonisti della vicenda sono rimasti spiazzati dalla mossa di Matteo Renzi che ha ispirato una mozione del Pd alla Camera per chiedere la sostituzione di Visco, è cambiato tutto e niente. L’unica certezza: i rapporti tra il Quirinale di Sergio Mattarella e il segretario del Pd sono compromessi, forse in modo irrimediabile. “C’è qualcosa di eversivo e di inquietante nella mozione Pd contro il governatore della Banca d’Italia”, scrive su Twitter l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli. Un’analisi non troppo diversa da quella che fanno al Quirinale. E la giornata di ieri avrà conseguenze difficili da prevedere nei prossimi mesi, quando Mattarella dovrà trattare anche con Renzi per la formazione del nuovo governo dopo le elezioni del 2018.
Mattarella sa di aver fallito nel suo tentativo di tenere la Banca d’Italia al riparo dalla polemica politica: da due anni il Colle cerca di fermare la tentazione di Renzi di scaricare su Visco tutte le colpe della crisi bancaria, per dare un parafulmine alla rabbia dei risparmiatori beffati. Finora ci era quasi riuscito, la riconferma di Visco doveva sancire che l’istituzione era salva, anche se ammaccata. Con la mozione a sorpresa, non annunciata al Colle, Renzi ha distrutto l’argine di Mattarella: a qualsiasi critica sull’azione del governo in campo bancario, ora, il segretario del Pd potrà rispondere che lui ha provato a cambiare il governatore responsabile di tanti guai ma il Quirinale (e Palazzo Chigi con Paolo Gentiloni) ha detto no. Adesso Visco è più sicuro di prima della riconferma, perché il Quirinale non può certo subordinare il proprio potere di nomina alle baruffe parlamentari, ma è tornato a essere il capro espiatorio perfetto.
Il Quirinale, ieri sera, ha fatto sapere che tutte le scelte sulla Banca d’Italia devono “essere ispirate a esclusivi criteri di salvaguardia dell’autonomia e indipendenza dell’istituto nell’interesse della situazione economica del nostro Paese e della tutela del risparmio degli italiani”. Tutti i soggetti coinvolti devono agire “nel rispetto del proprio ruolo”. Parole pensate anche per rassicurare i mercati, visto che la Banca d’Italia non è più da tempo un feudo autonomo ma un pezzo del sistema europeo delle Banche centrali, cioè della Bce. A Francoforte, Mario Draghi non sapeva nulla delle intenzioni di Renzi, ma certo è più in linea con Mattarella che con gli arrembaggi dell’ex premier.
Anche per Visco è cambiato tutto e niente. Resta sicuro della riconferma – da Via Nazionale hanno notato che Forza Italia ha smesso di attaccare il governatore e ora lo sostiene – ma non è certo sereno. Già molto provato dalle notizie uscite in questi mesi (quasi sempre sul Fatto) che hanno fatto emergere le falle di una vigilanza bancaria che Visco non è mai riuscito davvero a controllare.
Fonti di Bankitalia chiariscono la linea: oltre alla inevitabile rivendicazione della correttezza dell’operato, il governatore ci tiene a sottolineare che “nella sua azione l’istituto ha agito in continuo contatto col governo” e che è pronto a farsi ascoltare dalla commissione parlamentare di inchiesta. È la cosa più simile a un contrattacco che ci si può aspettare da un felpato banchiere centrale. Traduzione: caro Renzi, hai voluto la commissione parlamentare per scaricare tutte le colpe su Bankitalia, ma noi dimostreremo che quelle colpe sono anche del tuo governo.
Però la commissione di inchiesta resta più utile a Renzi che a Visco: il presidente Pier Ferdinando Casini ha deciso di cominciare a indagare sui crac più recenti, quelli di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, dove il governo renziano c’entra poco o nulla, il Pd zero, mentre Via Nazionale faticherà parecchio a spiegare come ha fatto a lasciar crollare un istituto di cui conosceva le fragilità fin dal 2001. Visco sarà riconfermato a fine mese, quindi, Renzi lo potrà rosolare in Parlamento per tutta la campagna elettorale. Cosicché la rabbia dei risparmiatori sia indirizzata verso Visco e i legami tra l’ex premier, Maria Elena Boschi e Banca Etruria passino in secondo piano.