La dottrina renziana è satura di concetti e principi. All’interno di questa branca filosofica, cui già accennava Adorno, l’insulto riveste un ruolo fondamentale: chiunque non è renziano, è in sé impuro. Ontologicamente impuro.
Addentriamoci nel magico mondo dell’insulto renziano.
“Gufi!”. Matteo Renzi lo usò una prima volta all’asilo, quando il compagno gli rubò il Playmobil a forma di Picierno: “Gufo!”. Da allora ci si è affezionato.
“Professoroni!”. Termine che indica l’anzianità, fisica e cerebrale, di eminenti pensatori ritenuti – poiché “eminenti” e “pensatori” – alieni dai renziani. E dunque deprecabili.
“Sapete solo odiare!”. Frase, di chiara matrice hegeliana, desunta da Berlusconi. Come quasi tutto, del resto, nel renzismo.
“Denigrate e instillate odio!”. Breve componimento lirico creato da Piero Fassino, partendo da un distico minore del Gozzano. Va bene sui social e in qualsiasi salotto televisivo.
“È colpa vostra, vergognatevi!”. I renziani sono al governo da quasi quattro anni, eppure è sempre e solo colpa nostra. La vita è cattiva.
“Fascisti!”. Parola che risulta utile quando c’è da difendere un’idea – o una metodologia – fascista cara ai renziani. Nel capolavoro Introduzione alla vita beata di Sandro Gozi, il filosofo J. Gottlieb Fichte ha riassunto così situazioni di questo tipo: “Il bue che dice cornuto all’asino”.
“Siete cresciuti nel Fuan!”. Variante colta dell’insulto precedente. Allude a un imprecisato passato fascista, e magari pure stragista, di chi osa non avere il poster in camera di Scalfarotto vestito da Costantino della Gherardesca. Di solito, dopo insulti così, tocca chiedere scusa.
“Volete la palude!”. Frase naturalista con cui si allude al desiderio di stagnazione politica insito in chi non è renziano: laddove i renziani anelano al cambiamento, gli Zagrebelsky coltivano la perversione zozza della palude. Funziona così.
“Sapete solo dire no!”. Se vi chiedessero di votare un tizio che voleva radere al suolo mezza Costituzione e preferisce Verdini a Rodotà, dire “no” vi parrebbe naturale. Ebbene: sbagliate. Me l’ha detto la Morani su whatsapp.
“Il grosso Grasso divorzio dal Pd”. È una frase che non vuol dire niente. Infatti l’ha twittata tal Prestipino, quella della “razza italiana”. Tal Prestipino, dileggiando la seconda carica dello Stato, ha poi proseguito: “Un film già visto. Come Prendi i soldi e scappa”. Dopo siffatte perle, persino Esposito e Fiano l’hanno criticata: a memoria d’uomo, è stata la prima volta che Stefano Esposito ne ha indovinata una.
“Sei proprio un Nardella!”. No, scusate. Questo me l’ha detto ieri Travaglio quando ho sostenuto in redazione che Vasco sia migliore di Renato Zero. Ho sbagliato esempio.
“Voi del Fango Quotidiano siete grillini pagati dalla Casaleggio Associati!”. È vero: Peter Gomez, con quei soldi lì, ha comprato la Playstation. Ci sta giocando giusto adesso con Orfini.
“Voi del Falso Quotidiano scrivete falsità”. Mantra caro ai renziani quando devono fronteggiare verità sgradite, dimostrate e conclamate. Esempio: Renzi ha smesso di comunicare le mete del “suo” treno perché, se lo fa, la gente si organizza e lo contesta. I renziani: “Scrivete falsità”. Gli mostri prove e screenshot. Loro: “Sì, ma voi non siete nella nostra chat del treno”. E menomale che non ci siamo. Loro però non mollano e prima o poi spunta una Fusani a caso che dice: “Il treno Pd è un Intercity che non viaggia sulle linee dell’alta velocità e quindi deve dare la precedenza alle linee locali. Pertanto è molto difficile il giorno prima essere certi sugli orari e sulle tappe”. E certo. Lo sanno tutti che gli Intercity, quando partono, sfidano la sorte e amano il brivido: “Dai, prendiamo qualche incrocio alla cazzo e come va va!”. È un po’ il grido di battaglia di Trenitalia.