La storia dell’aumento di capitale necessario (ma non sufficiente) a salvare il Sole 24 Ore rimarrà scolpita nella memoria dei mercati finanziari. La Consob ha approvato un prospetto informativo di 427 pagine dove è scritto fin dalle prime pagine che i 50 milioni chiesti agli azionisti eviterebbero il fallimento solo se avesse successo il piano industriale messo a punto dall’amministratore delegato Franco Moscetti. Purtroppo il piano del manager proveniente dalla Amplifon (attenzione, è lui che lo dice!) è “caratterizzato da significative incertezze che rendono particolarmente elevato il rischio che gli obiettivi non siano raggiunti”.
Alle pagine 5 e 6 la società editoriale della Confindustria prospetta l’inevitabile disastro: “L’emergere di perdite oltre le previsioni potrebbe” comportare “la necessità di porre in essere nuove iniziative di rafforzamento patrimoniale. Ove in tale evenienza non fossero poste in essere azioni tempestive (…) la continuità aziendale dello stesso sarebbe pregiudicata. In tale caso l’Emittente dovrebbe far ricorso agli strumenti previsti dalla legislazione concordataria e fallimentare”. Cioè portare i libri in tribunale.
Guardate come funziona la vigilanza. Nel frontespizio si legge che l’autorizzazione del prospetto “non comporta alcun giudizio della Consob sull’opportunità dell’investimento”. Il presidente della Confindustria Vincenzo Boccia, azionista di controllo del Sole 24 Ore, chiede al mercato 50 milioni. Lui ne metterà 30, ma 20 vengono chiesti agli stessi azionisti che dieci anni fa si fecero convincere dal suo predecessore Luca Cordero di Montezemolo a finanziare il carrozzone in cui i signori della Confindustria inzuppavano il pane come fosse la loro municipalizzata. La Consob fa Ponzio Pilato: si assicura che nel prospetto ci sia scritto con chiarezza che investire sul Sole 24 Ore è come buttare i soldi nel water, poi autorizza. È come se lo Stato autorizzasse la vendita di un farmaco che porti scritto nel bugiardino: “Letale nell’80 per cento dei casi”.
Ma come faceva il presidente della Consob Giuseppe Vegas a dire di no proprio a Boccia al termine di un settennato in cui ha cercato di dire di sì a chiunque? Il problema è che il prospetto dev’essere portato all’approvazione della Commissione dagli uffici, che stavolta nicchiavano. Boccia si è innervosito e sabato 21 ottobre scorso ha tuonato: “Abbiamo pronti i capitali per intervenire, confidiamo che a breve la Consob ci autorizzi il versamento perché anche il tempo è un fattore di competitività (soprattutto dopo che Confindustria ha impiegato un anno a studiare l’operazione, ndr)”. Ma visto che gli uffici continuavano a nicchiare, il 25 ottobre la società ha fatto il blitz: ha annunciato che da lunedì 30 (ieri) sarebbe iniziato il collocamento delle azioni, senza aspettare l’ok Consob. A quel punto la Divisione Emittenti della Consob guidata da Guglielmina Onofri – promossa dopo le memorabili deposizioni al tribunale di Siena sui derivati di Mps – si è arresa e ha trasmesso la pratica a Vegas.
Tra le chicche del prospetto ci sono le note spese dell’ex direttore Roberto Napoletano, liquidato con 700 mila euro lordi di buonuscita dopo essere stato indagato per falso in bilancio insieme agli ex vertici Benito Benedini e Donatella Treu. Si scopre dal prospetto che delle irregolarità si è tenuto conto “ai fini della determinazione dell’importo riconosciuto nell’ambito della transazione”. Le irregolarità consistono in spese non regolarmente documentate, biglietti multipli (“a nome dello stesso soggetto, nella stessa data ma ad orari diversi”), “costi per servizi di autista manifestamente incongrui”, “fruizione di ulteriori beni o servizi di proprietà della Società, ma in uso esclusivo del dipendente”. Se la società avesse giudicato Napoletano responsabile delle irregolarità lo avrebbe licenziato per giusta causa. Invece Moscetti e il presidente Giorgio Fossa hanno solo defalcato il danno (non si sa se tutto o in parte) dalla buonuscita in sede di transazione, assumendosi la responsabilità di fronte agli azionisti di garantire sulla correttezza di Napoletano.