“L’hanno già fatto in Basilicata. Basta andarsi a leggere quella sentenza per capire che abbiamo ragione: poi se vogliono lavarsene le mani è un’altra storia”. Giacomo Scala è arrabbiato. Anzi, vista la provenienza politica, è moderatamente arrabbiato. Candidato alle elezioni regionali in Sicilia, non è riuscito a essere eletto. Nella sua lista, Sicilia Futura, il movimento fai-da-te dell’ex ministro dc Salvatore Cardinale, è arrivato primo: ha preso più di 5mila voti ma non sono bastati a far scattare il seggio nel collegio di Trapani. “Ma adesso tutta la geografia dell’Assemblea regionale siciliana potrebbe cambiare”, spera l’ex sindaco di Alcamo che ha presentato ricorso al Tar. Solo il primo di quella che si annuncia come una lunga serie di appelli di candidati non eletti. L’obiettivo comune è disarcionare i colleghi più fortunati dalla poltrona conquistata a Palazzo dei Normanni.
In che modo? È tutto spiegato nel ricorso di Scala: nei moduli per l’accettazione delle candidature distribuiti dagli uffici elettorali siciliani non era citata la legge Severino a proposito delle possibili incompatibilità. Al contrario si faceva cenno alla legge numero 55 del 1990. “Quella norma – dice però Scala – è stata abrogata dalla Severino che inserisce nuove cause di incompatibilità”. In pratica secondo l’ex presidente dell’Anci Sicilia, che ha cominciato a chiedere l’accesso agli atti degli altri aspiranti consiglieri già prima delle elezioni, molti dei candidati hanno presentato documentazioni monche. “Ma non si tratta di mancanze di poco conto – si lamenta – Trapani è la provincia di Messina Denaro e molta gente si è candidata senza la necessaria autocertificazione antimafia”. Un caso già sollevato prima delle elezioni ma rimasto praticamente congelato finora.
Il ricorso di Scala infatti rischia di avere un effetto domino sulle elezioni: in tutta l’isola sono diversi i candidati esclusi che stanno chiamando gli avvocati per imitare il politico di Sicilia Futura. A Siracusa è pronto a fare ricorso Vincenzo Vinciullo di Ap, a Catania e Palermo gli altri alfaniani Marco Forzese e Francesco Scarpinato. E poi Giuseppe Picciolo di Sicilia Futura e Pippo Laccoto del Pd a Messina, Salvatore Iacolino dell’Udc e Giovanni Panepinto del Pd ad Agrigento.
Un elenco che cresce di giorno in giorno, con i non eletti che hanno creato persino un gruppo Whatsapp: “La chat dei trombati speranzosi”, l’ha ribattezzata perfido Mario Barresi su La Sicilia. “Siamo il movimento per il voto legale, ci sentiamo e aggiorniamo quotidianamente”, spiega Scala, che dopo aver esaminato decine e decine di moduli snocciola le liste che a suo parere non avrebbero rispettato le norme. “Le liste in regola – spiega – sono quelle del centrosinistra e quindi il Pd, Sicilia Futura, Micari presidente. E poi Noi con Salvini, quella di Claudio Fava tranne in provincia di Trapani, e Diventerà Bellissima di Nello Musumeci, che però ha problemi in due province. Il Movimento 5 Stelle, invece, sarebbe escluso in tutti i collegi: eleggerebbero solo Giancarlo Cancelleri come candidato governatore sconfitto”. I pentastellati non commentano ma hanno chiesto dei pareri legali in merito e si dicono tranquilli.
Non replicano neanche le altre forze politiche, che vedrebbero completamente rivoluzionata la loro presenza all’Ars in caso di sentenza favorevole ai trombati. “Il centrodestra passerebbe da 36 seggi a 31, ma cambierebbe parecchio: alcune liste supererebbero lo sbarramento come quelle di Ap”. Sarebbe un mezzo terremoto. “È vero ma noi abbiamo rispettato le regole. E devono darci ragione a rigor di legge: stiamo chiedendo anche un incontro a Rosy Bindi”. Sì, perché mentre la commissione Antimafia non ha ancora finito di analizzare la situazione dei vari impresentabili, ecco che in Sicilia è già spuntata una nuova tipologia di candidati: quella degli incandidabili del giorno dopo.