“Uno dei tratti salienti della nostra cultura – scriveva una dozzina di anni fa il filosofo americano Harry G. Frankfurt – è la quantità di stronzate in circolazione”.
Francesco Rutelli, “Contro gli Immediati” (La Nave di Teseo)
Nelle ultime pagine del libro di Francesco Rutelli sugli “Immediati” (“gli effimeri vincitori di oggi, coloro che rifuggono la mediazione, vogliono demolire ciò che è intermedio, agiscono all’istante, senza mediazione né condivisione”) sono riportate 173 citazioni tratte da altrettanti testi che l’autore, si presume, abbia letto e consultato (magari in lingua originale). Visto il linguaggio dominante delle testate (quelle sui nasi altrui) verrebbe da dire: come si permette? Oppure: fatica sprecata.
Infatti, la domanda che gli viene rivolta con insistenza nelle promozioni televisive di cui è protagonista è se quelle 237 pagine (note incluse) non rappresentino per caso un’invettiva antirenzista. Tutto ciò anche se di Matteo Renzi o del renzismo non si parli neppure di striscio (anche se frasi come “semplificazione compulsiva” qualcosa ci ricordano). Ma per gli Immediati, che pullulano tra gli addetti alle presentazioni editoriali queste sono bazzecole.
Potremmo definirlo un breviario laico di sopravvivenza ma non c’è tempo, che diamine, per scorrere tutte quelle pagine (e citazioni) e dunque i più solerti declameranno qualche riga rubacchiata dalla quarta di copertina. Mentre ai più navigati basterà esibire la prima “stronzata” utile a risvegliare il pubblico sonnacchioso. Appunto: ha forse scritto un libro per ricandidarsi? (senza contare i virtuosi dei libri recensiti e non letti capaci di ricamare arabeschi intorno a una frase presa a caso, ma questa è un’altra storia).
In realtà, la “cultura delle stronzate” appare al momento imbattibile soprattutto nel mondo che Rutelli meglio conosce, quello della politica. Dominata senza dubbio da “giudizi superficiali e slogan rilanciati sulla Rete” che sono tuttavia il precipitato di un’informazione diventata puro intrattenimento, “altrimenti non ti legge e non ti guarda nessuno”. O sfoderi una battuta “immediata” con cui sfamare la belva mediatica oppure è meglio restarsene a casa a sfogliare un buon libro (se fossero 173 ancora meglio).
Perciò, l’elenco dei buoni propositi “per migliorare le cose nel tempo medio” (l’insegnamento, la formazione, la dignità del lavoro) è cosa lodevole ma rischia di restare nel novero delle prediche inutili. Bisognerebbe anche riscoprire l’autenticità di ciò che noi siamo davvero e presentarci con pensieri né corti né lunghi ma sinceri: come c’insegna il più grande comunicatore contemporaneo (si chiama anche lui Francesco ma fa il Papa). A meno che mentre l’analfabetismo comunicativo esercita il suo dominio pieno e incontrollato, nel silenzio dei cellulari non stia nascendo una nuova resistenza intellettuale che usa a suo vantaggio le stesse armi della omologazione social (mi raccontano, per dire, di una studentessa dodicenne che legge su Facebook di un certo Dante, se ne innamora e mette a soqquadro le librerie perché tutto vuole sapere di lui e dei suoi versi così poco immediati). Ma il tempo è finito, pubblicità.