È il trascinatore, il preferito dei militanti, quello che scrive un romanzo e lo vende a pacchi. Insomma, la star. Eppure alle 20 in punto, nel lunedì dopo la vittoria dei Cinque Stelle a Ostia, Alessandro Di Battista si chiama fuori. “Ho deciso di non ricandidarmi in Parlamento alle prossime elezioni. È una scelta mia, non è legata al Movimento”.
Così scandisce in un video su Facebook, cinque minuti girati negli uffici della Camera. In cui assicura: “Non lascio il Movimento, non succederà mai, è una mia seconda pelle. Sarò in prima linea in un tour sul programma che inizierà a breve”. Però le elezioni no, grazie. Vadano avanti gli altri, a cominciare dal candidato premier Luigi Di Maio, a cui il deputato romano giura amicizia e sostegno: “Diranno che ci sono dei dissidi tra me e Di Maio e tra me e Grillo: è l’esatto contrario. Per me Beppe è un esempio e Luigi, oltre a essere un esempio, è proprio un fratello”. Baci e abbracci, al fondatore e al candidato. Ma da oggi sarà tutto sulle spalle di Di Maio, anche capo della forza politica dopo un altro passo di lato. Proprio quello di Grillo, il fondatore: stufo dei ricorsi, delle grane interne, di quasi tutto.
È anche questo l’effetto dell’ordigno calato da Di Battista. Come nel suo stile, preparato con cura a livello mediatico, con annunci sui social (“Alle 20 seguitemi, ho qualcosa da dirvi”). All’orario prestabilito la diretta, con il deputato in camicia bianca e con capelli leggermente spettinati. E per il Movimento è un sisma. Fortissimo, ma previsto dai piani alti. Perché i capi lo sapevano da almeno una decina di giorni e ne avevano discusso con lui anche nel mega-vertice a Milano, dentro la Casaleggio Associati, di venerdì scorso. In cui si era parlato del tour in luoghi simbolo del Paese e di alcuni errori sulla comunicazione. Nella consapevolezza però che Di Battista era ormai già fuori dalle liste elettorali. E d’altronde del suo passo indietro si vociferava da settimane. Il Fatto ne scrisse il 24 settembre scorso, nella domenica della festa nazionale del M5S a Rimini, spiegando che Di Battista “aveva voglia di fermarsi un giro”, come aveva rivelato ad alcuni parlamentari romani in una cena riservata, due o tre giorni prima. Perché voleva dedicarsi al figlio nato in quelle ore, scrivere libri, e cimentarsi come “reporter”. E magari aspettare un turno elettorale dove per il M5S ci fosse qualche spiraglio in più, senza bruciarsi il secondo mandato: l’ultimo, secondo i codici del Movimento.
Nel video conferma molti di quei desideri: “Non nego che la nascita di mio figlio è come se avesse dato ancora più benzina a una scelta già presa. Quando ti nasce un figlio inizi a pensare moltissimo ai tuoi sogni, e tra i miei c’è la scrittura: continuare a combattere dal punto di vista politico anche attraverso la contro-informazione e la scrittura. Tra qualche giorno uscirà un libro che ho scritto sul Movimento, su questa scelta e sulla paternità”. In serata, Di Maio commenta: “Alessandro continuerà con la politica fuori del Parlamento, quella con la P maiuscola. Sarà il primo attivista d’Italia”. Ma lui e altri hanno provato a lungo a farlo desistere, consapevoli che averlo in uno o più collegi valeva una valanga di voti. Però il deputato ha tenuto duro, garantendo in cambio impegno in campagna elettorale. Non solo per le Politiche, ma anche nel Lazio, a sostegno di quella Roberta Lombardi di cui tesse continuamente le lodi. Però le liste saranno affari di altri. Di Di Maio, che non va in moto e non scrive libri. Perché è diverso, dal Di Battista che si è fermato. A guardare.