Il primo appuntamento con Giulia Michelini è per giovedì nove novembre. Anzi, sarebbe. Un’ora prima dell’incontro un messaggio sul cellulare: “Mi dispiace, non posso, rimandiamo?”. Va bene. Da quel giorno le date fissate diventato cinque, tutte saltate all’ultimo (“ma poi, cosa mi deve chiedere?”. La fiction Rosy Abate, con lei protagonista, è il programma più visto della domenica sera: 20 per cento di share. “Ah sì? Non sono esperta”. Dice realmente, la sua non è una battuta).
Alla fine arriva alla sede del Fatto, apre il portone con aria sperduta, mani nella tasca del cappotto, guarda davanti a sé come se dovesse varcare la soglia della stanza di un medico; immediatamente pone i confini: “Tra un’ora mi viene a prendere mio figlio”.
Proprio non le va…
Io non sono brava.
In cosa?
Non mi piace, lo ammetto.
Non sopporta le interviste.
Di solito no. Ecco, potevo non dirlo, ma se me lo chiede rispondo. (Silenzio) Non voglio offendere, eh, però non amo parlare di me o di questo lavoro.
(Nel frattempo prende in mano un foglio di carta e inizia a spezzettarlo, in mille minuscoli coriandoli. A destra l’immagine con la “prova” del delitto)
Perché non desidera parlare della sua professione?
Non mi trovo in questa smania di voler conoscere l’attore attraverso il personaggio che interpreta. Poi per carità, c’è la promozione e bisogna seguire il flusso, quindi a volte cedo.
Mentre…
Non sopporto narrare i retroscena del film, spiegare i perché e i per come, cadere nella domanda classica sui punti in comune tra l’attore e il ruolo assegnato… mi spacco proprio le palle.
Però va fatto.
Lo capisco, resta la parte del mio lavoro che meno mi appassiona, compresi gli eventuali red carpet, le successiva foto, le chiacchiere di prassi, i sorrisetti, il contorno.
L’ambito red carpet…
Per me non lo è, mi mette in difficoltà, a partire dalla scelta del vestito, della scarpa giusta, indovinare il look per la serata.
Neanche la diverte?
Quasi mai, in questo non sono attrice, e lo dico con dispiacere: per la mia professione è una forte diminutio. Ah, sia ben chiaro: nelle situazioni ufficiali la maggior parte dei vestiti sono solo prestati, poi se li riprendono!
Apparenza pura…
Sempre, e non ho i cromosomi per digerirla.
Però nelle immagini ufficiali è sorridente.
Avoja. Perché sono molto adattabile: se capito in una situazione scomoda, qualcosa di buono lo trovo sempre. Però delle dieci proposte che mi lanciano, ne raccolgo a malapena tre.
Si sente una bamboletta in vetrina?
Esatto. Eppure non sono né bamboletta, né attrice.
Come non è attrice?
Non sono riconosciuta in assoluto, sono molto legata al personaggio di Rosy Abate, e spesso la mia e la sua figura si sovrappongono.
Per strada la chiamano Rosy?
Sì! Il più delle volte le persone non conoscono proprio il mio vero nome, insistono con Rosy e Rosy, e ciò mi fa riflettere su quanto è marcio il meccanismo.
In giro la fermano spesso?
Capita quando trasmettono la serie, altrimenti campo tranquilla. Ribadisco: non sanno neanche come mi chiamo.
Qual è la sua fama nel mondo dello spettacolo?
Che sono inaffidabile.
È vero?
Non del tutto, chi mi conosce, chi ha lavorato con me, sa qual è il mio grado d’impegno e professionalità.
E allora?
Alcuni mi considerano una pazza scapestrata, perennemente in ritardo, e in alcune situazioni è successo, lo ammetto, ma da un semplice caso si è passati a un assioma.
Magari quando era ancora più giovane.
Ecco, magari da pischella, ma certe nomee non si spiccicano facilmente.
Lei ha appena 32 anni.
Sono già andata, il mio tempo è finito.
A 32 anni si può ancora tutto.
Rispetto alla vita sì, non in questo lavoro.
Ne ha 32 e ne dimostra 25.
Ruffiano.
Oggettivo.
Allora mi spiego meglio: le colleghe della mia età, un po’ più sgamate di me, trottano maggiormente.
Un nome?
Non ci penso proprio. Però va bene così…
La sua è una bella vita?
Sì, ma non si immagini degli scenari strabilianti, per certi versi è un’esistenza comune: un figlio, la colazione preparata la mattina, il mutuo a fine mese. Non sono una nababba.
Un provino che rimpiange?
Svariati, uno soprattutto: quello con Ken Loach, lui mi cercava, ma io ero in vacanza in Olanda durante il periodo di post-maturità.
Altri provini?
È una professione talmente bastarda, sempre giudicata: quando esci da una prova e con un rifiuto in saccoccia, resti a lungo con quella sensazione di amarezza, di dubbio su quanto hai realmente dimostrato. Su chi sei.
La fragilità dell’artista.
Esiste. Per certi versi il mio lavoro ha un qualcosa da bandire o proibire, perché ti espone e ti trita, sei sempre alla ricerca di capire chi sei, senza mai comprenderlo realmente.
Si diventa frustrati.
E spesso senza sapere se la tua interpretazione è stata buona, o se ti arrivano i complimenti per i motivi più differenti, magari per mere questioni di marketing, e non per assolute capacità interpretative.
Conseguenze?
Diventi fragile e scostante, poco sicura di te.
Professionalmente cosa si riconosce?
Non lo so.
Il regista Pier Belloni la definisce tra le più brave e istintive.
Grazie! Lui è veramente un grande. Ecco, di pancia lavoro tanto, anche troppo, a volte non basta e può fuorviare; può diventare un pregio quanto un difetto.
Quando si utilizza molto la “pancia” è più complicato schermarsi dal proprio personaggio.
La maggior parte delle volte è così, perché per costruire la parte, si vanno a cercare i lati più nascosti di noi stessi, a scavare, e il ruolo del momento rischia di superare la porta di casa.
È complicato entrare e uscire dalla parte interpretata?
Non poco, per questo dico che siamo degli psicopatici, perché sei portato a esserlo: magari ti chiudi in un dolore tremendo, poi stacchi, taaaac, sigaretta, due risate, e subito dopo devi nuovamente piangere. Roba da bipolari.
Avere un figlio a 19 anni le è servito per mantenere un certo equilibrio?
Tantissimo. In questo marasma di follia, alla fine della giornata, torno a casa e trovo la concretezza.
L’aggancia a tutto…
Ogni problema viene ridimensionato, scatta la priorità: per me c’è lui, altro che prime cinematografiche sul red carpet.
Un suo sogno?
Realizzare qualcosa di utile.
Tradotto?
Oddio, lo so, rischio di imbarcarmi in un discorso più grande di me.
Proviamo.
Cercare di colmare le disparità sociali ed economiche che ci circondano; o l’impatto ambientale; o lavorare con i bambini. Certo a questa età…
Ribadisco: lei ne ha 32.
Un po’ me ne sento 50.
Lei e il gossip.
Non sono quasi mai paparazzata, non attiro i loro scatti; qualcosa giusto ai tempi in cui uscivo con Giorgio Pasotti.
Frequenta un gruppo di colleghi?
Non ho amici nel mondo del cinema, ho buoni rapporti… (ci pensa su qualche secondo) veramente ho pochi amici in generale, quindi mi sembra assurdo infilarci quelli dello spettacolo.
Si riguarda in televisione?
Qualcosa e da poco tempo, prima lo trovavo impensabile.
Si imbarazzava.
Molto. Ora invito alcuni amici la domenica sera (quando va in onda Rosy Abate), ho aperto la casa agli altri, organizzo una cena, niente di complicato, per carità, ma per me già questa è una conquista.
Prima il suo appartamento era vietato?
Non amavo l’idea di vedere le persone girare tra le mie cose.
Disordinata?
Eh, un po’.
Vuole qualcosa da bere?
Perché? Mi vede in difficoltà? Ho le labbra secche?
No, era una domanda senza secondi pensieri.
No, grazie. Magari fumo una sigaretta (e inizia a parlare in dialetto siciliano).
Rosy Abate a volte esce fuori…
Anche a casa con mio figlio.
Lui la guarda in tv?
Poco o niente: la seconda puntata l’ha vista per un pezzetto, poi si è alzato ed è andato in camera; così l’ho inseguito in preda alla paranoia: “Non ti è piaciuta?”. E lui: “Sì, certo, va bene, sei pure brava”.
Tra pochi anni, quando uscirà con lui, dovrà specificare di essere sua madre.
Già ora è più alto di me, con due spalle larghe, e qualche cretino inizia a guardarmi male, con quella malizia perfida. Chissà dopo…
È gelosa di lui?
(Sospira e non risponde) Comunque gli concedo troppo, sono super libera, con delle regole altalenanti.
Scuola pubblica o privata?
È matto? Pubblica, dalle suore non lo mando.
È a suo agio con le pose sexy?
Per fortuna è successo molto raramente e mi fa ridere: comunque non mi ci sento, non ho un involucro da giustificare certe situazioni.
Però è considerata sexy.
Ma sono rimasta piccola, non sono diventata femmina e neanche donna; mi porto appresso una fisicità complicata, a causa della quale non posso più interpretare ruoli da ragazzina, ma neanche quelli da adulta…
È nel limbo…
Sono bassetta, non ho seno, mi mancano certe forme, quindi le pose sexy mi capitano poco, e quando succede sono pure felice.
Lei ha mai avuto problemi durante i provini?
Non amo questo argomento, è una storia vecchia e diffusa: il sesso manda avanti molto e in tutti gli ambienti. Non è solo il cinema.
Lei sembra sprovveduta, non lo è: quanti l’hanno fraintesa?
Quasi tutti, poi sono molto fisica, quando parlo tocco il braccio, mi muovo, e certi miei atteggiamenti vengono facilmente interpretati in maniera errata.
Compromessi?
Non ho il coltello tra i denti, non sono pervasa dal fuoco sacro dell’attore, non sono l’artista disposta a tutto pur di arrivare.
Lei tra dieci anni.
Avrò almeno altri due pargoli, e spero di prendere la patente nautica per scappare in barca a vela e mostrare a mio figlio quanto siamo piccoli e relativi rispetto a quello che ci circonda.
Psicanalisi?
Vado e da anni. Anzi, ultimamente ho un po’ mollato, mi sono incagliata, ogni tanto capita.
Le serve?
Sono mezzi per arrivare a qualcosa, ma bisogna avere voglia di starci, di abbassare le armi e la fortuna di trovare lo psicanalista giusto, altrimenti ti rovina peggio di quanto ha già fatto la tua famiglia.
In India è stata?
È uno dei miei prossimi obiettivi.
Dorme la notte?
Perché, mi vede molto sbattuta?
No.
Faccio fatica; mi sveglio a metà notte e subito fumo. anche se ho sonno, fumo. Poi mi alzo all’alba per preparare mio figlio, la colazione, e lo accompagno a scuola.
E lo va a riprendere…
Ultimamente non vuole.
Avrà la fidanzata.
No, per favore no, è presto.
Però lei lo ha avuto a 19 anni…
Sono femmina, e detto questo spero non faccia certe cavolate, o scelte errate in amore.
Lei usa la “pancia” anche in amore?
Sì, ed è sbagliatissimo: il più delle volte l’ho presa in saccoccia, mi butto troppo, non mi trattengo.
Diventa scontata.
Questo è impossibile. Comunque ora sto bene così, da sola con mio figlio. È finita?
Sì.
Mi dispiace, ho fatto un casino su questo tavolo (e indica un cumulo di pezzetti di carta, oramai ridotti a poltiglia…)