Dal sexgate di provincia alle associazioni culturali foraggiate con fiumi di denaro per garantirsi pacchetti di voti. Lo scandalo che ha travolto il sindaco di Mantova Mattia Palazzi sembra così allargarsi velocemente ben oltre qualche messaggio erotico inviato dal primo cittadino di fede renziana alla vicepresidente dell’associazione Mantua me genuit. Ieri pomeriggio Palazzi, assistito dai suoi legali, è stato interrogato per tre ore in Procura. Sul tavolo, naturalmente, un intero anno di messaggi hot, scritti e inviati per ottenere favori sessuali in cambio, sostiene il pm, di fondi. L’accusa, aggravata dalla continuazione, è quella della tentata concussione. “Stai alle regole, qui decido io”. Questo il tenore delle conversazioni, tralasciando, ovviamente, quelle più piccanti. La presunta vittima che fin dall’inizio ha negato di aver fatto denuncia e si è spesa per difendere Palazzi, ha un recente passato politico, tutto giocato all’interno dell’area Pd. Nel 2016, infatti, si candidata per un lista civica a Marcaria, sostenendo la volata dell’attuale capo di gabinetto del sindaco. Da qui i contatti con Palazzi e il suo entourage.
I messaggi hot iniziano nel novembre 2016, quando Mantua me genuit bussa alla porta del Comune per ottenere dei fondi. Da lì in poi la cronologia di messaggi è lunga e arriva fino a pochi giorni fa. Al termine dell’interrogatorio è stato confermato il capo d’imputazione. Palazzi ha commentato: “Sono a posto con la mia coscienza”. In realtà, però, l’aspetto sessuale pare solo la punta dell’iceberg. Sotto, infatti, c’è un fiume di denaro finito a diverse associazioni. Lo scorso sabato in gran segreto la Procura ha sentito come testimone la rappresentante di un’altra associazione culturale. Ed è questa vicenda che rischia seriamente di far esplodere il caso alzando il livello dell’indagine. La donna, il cui nome resta un omissis, nei mesi scorsi sul suo profilo Facebook più volte ha denunciato le ombre che stanno dietro i fondi dati alle associazioni, ma su questo capitolo il sindaco non risulta indagato. I soldi sono tanti, oltre due milioni di euro. Molto denaro che il Comune ha avuto in mano dopo che Mantova nel 2016 è stata eletta capitale della cultura. Va anche tenuto conto che attualmente il sindaco ha anche la delega alla cultura. E così nel settembre scorso, la donna scrive su Facebook: “Un segretario del vicesindaco mi dice che se viene una nuova associazione anche se non fa belle cose e senza progetti comunque lo si fa fare perché anche 100 voti in più servono, perché la politica si fa così”. E poi ci sono i consigli. Se c’è qualcosa da risolvere alla donna viene detto di “andare a parlare con Mattia”. Su questo e su altro è ruotato l’interrogatorio di sabato. Oltre quattro ore e, risulta al Fatto, alla donna è stato chiesto di illustrare i suoi rapporti con il sindaco, se mai abbia subito pressioni o minacce, quali erano i contatti tra Palazzi e l’associazione Mantua me genuit, e soprattutto le è stato chiesto conto di quelle frase postate su Facebook.