“La memoria non è nitida ma qualcosa ricordo”. L’ex amministratore delegato di Veneto Banca Vincenzo Consoli la tocca piano. Non vuole entrare in rotta di collisione con il Pd che ha il suo stesso nemico principale, la Banca d’Italia. Ma non vuole tradire il ruolo che ha scelto, l’imputato che si difende accusando in modo lineare e documentato. Così, quando il senatore M5S Gianni Girotto gli chiede dell’incontro a casa Boschi a Laterina, racconta alla commissione d’inchiesta sulle banche tutto (o quasi) quello che ricorda, coincidente con quanto rivelato dal Fatto sette mesi fa senza che mai Maria Elena Boschi abbia commentato.
Era il marzo 2014, il governo Renzi si era insediato da pochi giorni, e Veneto Banca condivideva con Banca Etruria la stessa amarezza: una lettera del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco quasi uguale (il 6 novembre 2013 a Montebelluna, il 3 dicembre ad Arezzo) che ordinava di fondersi al più presto con l’ormai proverbiale “partner di adeguato standing” (cioè la Popolare di Vicenza di Gianni Zonin) e di andarsene. Il presidente di Veneto Banca Flavio Trinca conosceva bene quello di Etruria, Giuseppe Fornasari, ex deputato Dc come lui. Racconta Consoli: “Trinca chiamò Fornasari. Mi disse di andare ad Arezzo a vedere come se la cavavano. Aggiunse: può darsi che si possa incontrare il ministro”. Infatti per l’incontro Fornasari sceglie la casa di un consigliere di Etruria, Pier Luigi Boschi, la cui figlia Maria Elena era appena diventata ministro delle Riforme. “Arrivati a casa Boschi cominciammo a parlare delle nostre vicissitudini. Poi arriva il ministro, ci saluta, dice di continuare pure a parlare, ascolta per un quarto d’ora senza fiatare e se ne va. Io e Trinca siamo andati a pranzo con Fornasari, mangiando bene”.
L’esito della missione è deludente: “La Boschi non l’ho mai più vista né sentita. Il nostro cda poche settimane dopo è stato mandato a casa, di loro è saltato solo Fornasari”. Invece Boschi padre diventa vicepresidente di Etruria il 4 maggio 2014. Consoli, uscito dal cda ma rimasto in banca come direttore generale, rimane in contatto con Pier Luigi Boschi. Gli inquirenti intercettano una telefonata tra i due il 3 febbraio 2015. “Mi ricordo”, racconta alla commissione, “che il governo aveva appena fatto il decreto legge per la trasformazione in società per azioni delle banche popolari, io volevo incontrare Renzi per dirgli di stare attento, una riforma in tempi così brevi per strutture con cent’anni di storia…”. Prima Consoli si consiglia con il direttore della sede di Firenze di Bankitalia Vincenzo Umbrella. “Ho chiesto a diverse persone di farmi incontrare Renzi, però non riesco”. Umbrella non esita: “Chiedilo tramite lui (Boschi padre, ndr), perché lui sta in presa diretta”. Gli spiega che Boschi padre è lo snodo decisivo per dialogare con il governo: “Tu quando gliel’hai detto a Pier Luigi (Boschi, ndr) l’ha saputo lui. Lui e la figlia lo sanno parlando con lui…”. Consoli manifesta il proposito di chiedere un incontro direttamente con il premier, saltando la figlia.
Un’ora dopo chiama Boschi, ma non ottiene un impegno per l’appuntamento con Renzi. Il padre del ministro è preoccupato per Etruria, che una settimana dopo sarà commissariata a sorpresa dalla Banca d’Italia. Consoli accenna alla possibilità di una fusione in extremis per salvare le rispettive banche. Boschi chiude la discussione così: “Domani in serata se ne parla, io ne parlo con mia figlia, col presidente domani e ci si sente in serata”. Sui ricordi di Consoli si apre una curiosa discussione in commissione, qualcuno ipotizza che Boschi millantasse la sua influenza su Palazzo Chigi. Consoli ha capito solo che, nelle denegata ipotesi che a casa Boschi ci si occupasse di banche, certo non ci si dannava per la sua Veneto Banca . “Dopo quella telefonata non ho più sentito né padre né figlia”.