Una semplice domanda: a 84 anni, dopo aver costruito un impero finanziario e creato le basi di un impero editoriale (che a loro volta hanno portato ricchezza e prestigio alla tua famiglia) sarà permesso esprimere liberamente una propria opinione? Senza che tuo figlio, e la società che hai generato, ti scrivano contro in un gelido comunicato che una tua intervista “non rappresenta il pensiero degli azionisti né del vertice societario”?
Non intendiamo qui entrare nelle dinamiche interne che hanno indotto Marco De Benedetti presidente del gruppo Gedi, editore di Repubblica, a censurare l’intervista al Corriere della Sera del padre, Carlo De Benedetti. Là dove (oltre a dissentire orrore! sull’istituto della condirezione), egli polemizzava con un’altra vecchia colonna, il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, a proposito di un’altra assai controversa e libera opinione (“tra Berlusconi e Di Maio scelgo il primo”).
C’interessa invece condividere il diritto alla schiettezza di un personaggio che non è certo l’Arcangelo Gabriele ma che non è mai stato un tartufo, nel senso di chi pratica l’ipocrisia sotto la maschera della devozione al politicamente corretto per non sbagliare mai.
A costo di sbagliare e di sbagliarsi l’Ingegnere nei suoi interventi pubblici cerca invece di non essere mai banale o scontato, alla luce di quella grammatica giornalistica che, riteniamo, egli pratichi più da lettore che da editore. Quella regola, ha detto ad Aldo Cazzullo nelle dichiarazioni fuori linea, secondo la quale: “Un giornale non è solo latte e miele; è carne e sangue. Può avere curve deve avere anche spigoli”. Sacrosanto aggiungiamo noi a cui piacciono da morire le pagine stampate fatte di carne e di sangue. Giornali provvisti di spigoli con cui spesso ci facciamo male. E che mai scambieremmo con le delizie latte e miele che abbiamo smesso di pretendere in età adulta. Viva dunque tutti coloro che “rappresentano” solo il loro libero pensiero, senza preoccuparsi se non coincide con quello di figli e azionisti e lettori.
Lo scriviamo anche in ricordo di Claudio Rinaldi, grande direttore e grande uomo che dell’Ingegnere aveva una profonda, divertita ammirazione.