Ciascuno è libero di suicidarsi come meglio crede. Gli iscritti e i dirigenti del Pd hanno perciò tutto il diritto di continuare a seguire il loro segretario Matteo Renzi e la sua sodale Maria Elena Boschi fino all’ormai scontato esito della loro breve avventura politica. Chi ha però deciso di far parte del Partito democratico perché ne condivideva le idee e i progetti, o chi invece sente semplicemente crescere dentro di sé un umano istinto di sopravvivenza, ha pure un dovere. Evitare che, a causa dei continui errori dell’ex premier e della giovane sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, tutto il Pd finisca con loro sommerso dalle macerie. Su quanto sta accadendo in Commissione banche è inutile dilungarsi. Così come non serve ricordare quello che raccontano i sondaggi e che lo stesso Renzi ha ammesso in un’intervista al Corriere della Sera: il partito è in caduta libera. Finire sotto il 20 per cento dei consensi per i dem non è più un’ipotesi, ma una possibilità di giorno in giorno più concreta. Mentre è sempre più probabile il ritorno delle destre al governo.
Questo destino non è però inevitabile. Con un segretario diverso un accordo pre-elettorale con Liberi e Uguali – formazione destinata a crescere ancora molto grazie alla figura di Piero Grasso – è tuttora possibile. E con una vera coalizione il Pd può davvero tornare a giocare la sua partita. Senza no.
Conosciamo le obiezioni: Renzi è stato votato alle primarie da un milione e 800mila persone. Come si possono sconfessare gli elettori? Semplice: il partito si ricorda di essere tale e si comporta da partito. Molti degli accadimenti di cui oggi siamo venuti a conoscenza in virtù delle audizioni in Commissione banche vanno discussi a fondo e per davvero in direzione. E a chiederlo devono essere per primi i renziani. Spetta a loro il compito di smettere di scambiare la lealtà che giustamente va riservata a ogni leader liberamente scelto con l’ottusa fedeltà al capo. Chiedere conto e ragione di quanto è successo non significa essere sleali, vuol dire invece avere una concezione alta della politica. Perché sleale è chi trama nell’ombra. Leale è invece chi ti dice in faccia che c’è un problema e chiede apertamente di risolverlo.
Far presente a Renzi che il progetto Pd viene prima del suo personale destino è poi un dovere nei confronti di tutti gli elettori ancora schierati nel centrosinistra. Per questo chi un tempo parlava con Renzi di rottamazione, oggi dovrebbe rendersi conto che per il bene della propria parte politica è giunto il tempo di rottamare il rottamatore.
Ovvio, lo sappiamo: chi non ha coraggio non se lo può dare. Chi una concezione alta della politica non la possiede (e sono in molti) difficilmente solleva il capo per primo. L’esperienza però insegna che la paura di perdere il posto fa da sempre miracoli. Un Partito democratico ridotto ai minimi termini non è in grado di garantire un seggio in Parlamento a quasi nessuno. Molti tra quelli che oggi siedono nella direzione nazionale sono a rischio. Se vogliono provare a rientrare hanno una sola strada: allearsi con il movimento di Grasso, per poi giocarsela con centrodestra e 5Stelle in ogni collegio uninominale. Ma per farlo, Renzi deve essere messo da parte.
Al Pd conviene che questo accada ora, piuttosto che dopo la sconfitta annunciata del prossimo marzo. I democratici, insomma, possono ancora provare a salvarsi. Ma il loro tempo è poco. Molto poco.