L’interessato non l’ha presa bene, il che ovviamente è normale, e in particolare non gli è piaciuto l’atteggiamento del suo partito: “Mi vergogno per tutto il Pd. Tutto”, ma soprattutto dei senatori, che sono stati di “un’avidità incomprensibile”, ha scritto in una chat tra renziani modenesi.
Ricapitoliamo. Mercoledì, come abbiamo scritto ieri, è morta in Senato la legge proposta dal renziano Matteo Richetti che proponeva di ricalcolare col metodo contributivo tutti i vitalizi in essere (191 milioni di euro di spesa totale nel 2016, risparmio stimato circa 75 milioni). La legislatura si chiude dunque solo con l’approvazione di una delibera negli Uffici di presidenza di Camera e (forse) Senato che chiede un piccolo contributo di solidarietà per tre anni ai percettori di assegni superiori ai 70 mila euro l’anno (risparmio: 2,4 milioni).
Curioso che questa delibera sia stata proposta e approvata a Montecitorio il 22 marzo 2017, nello stesso ufficio di presidenza in cui il Movimento 5 Stelle aveva presentato un emendamento che in sostanza accoglieva la proposta Richetti di ricalcolo dei vitalizi: il Pd, gli altri partiti della maggioranza e Forza Italia bocciarono la proposta grillina, che era in realtà del Pd, e fecero approvare la delibera di Marina Sereni (Pd pure lei).
La “legge Richetti”, dopo quell’episodio, ebbe un altro momento di fulgore in estate. Effimero. Arrivata nella commissione Affari costituzionali della Camera il 24 settembre 2015, quel ddl – pure firmato da un importante deputato renziano, oggi portavoce del partito – rimase a bivaccare intonso in quelle plaghe per quasi due anni. Il capo se ne ricordò all’inizio dell’ultima estate e Montecitorio partì al gran galoppo e il 26 luglio approvò la legge Richetti a stragrande maggioranza grazie ai voti di Pd, M5S, Lega, Fratelli d’Italia e Scelta civica.
Questi stessi gruppi parlamentari, ovviamente, avrebbero avuto i numeri per far passare la nuova normativa anche in Senato, ma in realtà il gruppo democratico era più che spaccato sul tema, motivo per cui il ddl Richetti non è mai uscito dalla commissione di Palazzo Madama. Che aria tirasse, d’altra parte, s’era sentita subito. Il 22 agosto si esibì, per così dire, l’ultimo tesoriere Ds Ugo Sposetti, uomo di multiformi rapporti coi colleghi, nell’impegnativo scenario del cimitero monumentale del Verano di Roma, dove s’era recato a commemorare Palmiro Togliatti a 53 anni dalla morte: “Scrivono che voterò contro la legge sui vitalizi, ma è impreciso: io organizzerò proprio la rivolta in Senato contro il provvedimento”. Il giorno dopo fu politicamente impegnativa la dichiarazione del capogruppo dem Luigi Zanda: “Bisogna valutare a fondo i profili di costituzionalità”. Preoccupazione nutrita anche da molti giuristi per la natura retroattiva della norma, che però non aveva impedito alla Camera di approvarla previo rifiuto delle pregiudiziali di costituzionalità: “Se approviamo una legge per convenienza, senza pensare al merito e alla giustezza del provvedimento, rischiamo di diventare tutti dei carrieristi”, integrò il suo pensiero Zanda qualche giorno dopo, il 4 settembre.
E così si arriva a queste ultime settimane e ai tentativi, più che altro dimostrativi, di resuscitare di nuovo la legge. L’ultimo è dello stesso Richetti e ha la forma di un emendamento alla legge di Bilancio che incorpora il ricalcolo dei vitalizi in essere: emendamento dichiarato inammissibile con una scelta sacrosanta in punta di diritto (è una norma microsettoriale), ma tra le oltre 400 modifiche passate alla Camera c’è ben di peggio quanto a micro-interessi, localismo, eccetera.
Ultima venne la riunione dei capigruppo in Senato che ha decretato la morte del ddl Richetti. All’indomani, su una chat di renziani del Pd modenese, quello di casa, l’uomo che non riuscì a diventare legge esprimeva tutto il suo disappunto: “Mi vergogno per tutto il Pd. Tutto. Non hanno capito cosa c’è in gioco. I senatori si sono dimostrati di un’avidità incomprensibile. E con tutta sincerità non è che dal Pd del nostro territorio sia venuta una mezza parola di sostegno. Ma ormai è andata”. Richetti, se non altro, ci ha provato.