Napoli è una città di primati. Alcuni invidiabili e altri meno. Prendiamo la metropolitana. Vanta la stazione più bella d’Europa, quella di via Toledo, incoronata da un sondaggio del Daily Telegraph confermato anche dalla classifica della Cnn. Ma “vanta” anche la curiosa vicenda della costruenda linea 6, ferma dal 2013, che dovrebbe riaprire tra un anno e collegare la zona ovest della città (Fuorigrotta) con i quartieri di Mergellina e Chiaia tramite l’interscambio alla stazione di piazza Municipio. Il paradosso è che questa linea, fondamentale per ridisegnare i collegamenti cittadini (consentirà di collegare porto, stazione centrale e aeroporto), ha il tunnel stretto e i treni di moderna generazione non potranno passarci. Bisognerà, almeno per un po’, arrangiarsi coi veicoli costruiti per i Mondiali di Italia 90, 6 moduli a 2 casse da 25 metri: in pratica, 6 vecchi tram, e vattelapesca persino come e dove trovare i ricambi se dovesse esserci un guasto.
Un problema. Un handicap. Uno dei misteri della Napoli velata raccontata da Ferzan Ozpetek, dove si vede la protagonista Giovanna Mezzogiorno prendere più volte la metro per spostarsi tra la casa e il lavoro ospedaliero, suscitando battutine tra gli spettatori che conoscono i tempi non proprio settentrionali della frequenza. Lo racconta invece, senza ambizioni da regista, Pierluigi Frattasi su Il Mattino qual è il problema: sulla linea 6 dovrebbero viaggiare i moduli nuovi a tre casse, previsti dal contratto, dello stesso tipo del metrò di Genova, ma questi non possono essere utilizzati perché sono lunghi 39 metri ed è impossibile farli scendere all’interno del tunnel. Le nuove carrozze, spiega il cronista che ha rivelato il caso, possono essere infilate soltanto dal foro di piazzale Tecchio, nei pressi della Stazione-Mostra, dove hanno arrangiato un deposito temporaneo nel sottosuolo per i sei vecchi tram. Andrebbero calate dall’alto con una gru. Peccato che il foro misura solo 27 metri ed è più piccolo e stretto del nuovo ‘formato’ dei treni moderni. Ed allora? Bisognerebbe far salire le carrozze sui binari da un deposito a raso. Che andrebbe costruito ex novo in cinque anni. Dove? A Bagnoli, nell’area ex Arsenale, secondo un progetto citato anche in un’interrogazione parlamentare di Annamaria Carloni (Pd).
La deputata ricorda i costi: 270 milioni di euro di stanziamenti tra fondi europei e nazionali per il completamento della linea 6, da ricavare tra i quasi 10 miliardi di euro di interventi del “Patto per lo sviluppo per la Campania” firmato nell’aprile 2016 tra il governo Renzi e il presidente Vincenzo De Luca. Insomma, girano fiumi di soldi. Ma si rischia di spenderli per continuare a viaggiare con mezzi vecchi e scomodi. Una ulteriore tegola per la municipalizzata dei trasporti, Anm, dai conti in rosso e da pochi giorni sotto richiesta di concordato preventivo. Invita alla calma l’assessore alla Mobilità, Mario Calabrese: “Le gallerie sono commisurate alla larghezza dei treni che sono transitati per 6 anni fino al 2013 e quando la linea riaprirà continueranno a passare. Poi, quando sarà pronto il deposito a Bagnoli, passeranno anche i treni da 39 metri”.