Enrico Mentana, direttore del Tg La7 dal 2010, in un’intervista al Fatto aveva posto il problema di uno squilibrio interno tra gli opinionisti schierati in occasione del referendum costituzionale del 4 dicembre.
Direttore, oggi si ripropone la stessa questione in vista delle elezioni politiche. Come lo ha gestito l’Agcom?
É corretto porsi il problema, perché esiste e va affrontato, ma è la soluzione messa in piedi ad essere ridicola.
In che senso?
Mi sembra che l’Autorità Garante si sia abbassata al livello degli esagitati dei social network, quelli che etichettano i vari opinionisti e li riempiono di insulti appena li vedono in televisione. Cosa dovremmo fare noi? Dobbiamo fare l’esame del sangue ai giornalisti che ospitiamo? Stabilire se uno è contrario a Renzi, ma posizionato un po’ più a destra o un po’ più a sinistra rispetto all’altro?
Il regolamento prevede anche che sia rispettato un equilibrio di genere. Questo complicherà il suo lavoro?
È il minore dei problemi, perché semplicemente non esiste alcun regolamento che possa impormi chi invitare. Se volessi invitare tutte donne o tutti uomini, come anche tutti ospiti di sinistra o di destra, non dovrei risponderne all’Agcom. Un regolamento del genere è una lesione dell’intelligenza di chi organizza i confronti.
Perché sostiene che non debba risponderne all’Agcom?
Se io firmo il programma me ne assumo la responsabilità nei confronti degli ospiti – leader politici e giornalisti – e delle leggi, altri soggetti non dovrebbero nemmeno toccar palla in questo dibattito, altrimenti diventa una situazione che fa ridere.
Anche il suo telegiornale, però, rischia delle pesanti sanzioni economiche se non dovesse rispettare le regole della par condicio approvate dall’Agcom.
Questo lo vedremo. Anche perché, mi permetta, non mi risulta che l’Agcom rispetti l’equilibrio di genere, tanto per dirne una.