Gli impiegati erano “casalinghe disperate e fashion blogger’’, ma anche “il figlio del compare del presidente della Provincia D’Orsi licenziato da un supermercato’’. Benvenuti a Girgenti Acque, dove il settore Risorse Umane “non esiste”, come dice il pentito Giuseppe Tuzzolino’’, i soli con una professionalità sono gli idraulici (“gli unici che meritano di stare dove stanno’’) e “il 90 per cento delle assunzioni è gestito da Marco Campione per acquisire favori alla società’’. C’è il figlio del presidente dell’Ato pubblico, Eugenio D’Orsi, che avrebbe dovuto controllare la società, racconta il pentito, e invece faceva il sindacalista del figlio: “Per lui pretese un aumento di 300 euro”. E quando Campione protestò D’Orsi impose “anche sua nuora’’. Tra gli assunti c’è il figlio del boss storico di Favara, “che non ha alcun titolo di studio, fa il geometra, ed è stato messo alla gestione contabile’’.
In commissione antimafia i pm l’avevano definita ‘’un assumificio’’ ma oggi la contestatissima azienda per la distribuzione dell’acqua di Agrigento è al centro di un’inchiesta della Procura guidata da Luigi Patronaggio che va oltre le clientele e porta a galla un sistema politico-mafioso nella città dei Templi che coinvolge nei sospetti anche un prefetto, Nicola Diomede, indagato per non aver avallato un’interdittiva antimafia. E poi il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, il padre del ministro Alfano, l’ex governatore siciliano Raffaele Lombardo, politici, funzionari e giornalisti indagati per reati che vanno dall’associazione a delinquere e voto di scambio, corruzione, truffa e ricettazione. “Non si indaga su quattro raccomandati – fanno sapere dal palazzo di Giustizia – ma su un sistema sofisticato di potere che ruota attorno a una scatola societaria creata per lucrare decine di milioni di euro annui’’. E che oggi scuote la campagna elettorale in provincia di Agrigento: tra gli indagati, oltre al parlamentare di Forza Italia Riccardo Gallo Afflitto e numerosi fedelissimi di Alfano, c’è il leader siciliano di Liberi e Uguali, Angelo Capodicasa, ex Pd, anch’egli coinvolto nella segnalazione delle 400 assunzioni finite nel mirino dei pm che passano al setaccio le carte di Girgenti Acque, da anni al centro di circostanziate denunce per inquinamento ambientale, abusi e truffe segnalate dai 43 sindaci agrigentini protagonisti di un braccio di ferro con la società che emette le bollette più salate del Meridione. Anche l’ex amministratore delegato, Filippo Salamone, come denuncia Petrotto, ha segnalato in un esposto debiti per oltre 40 milioni “frutto di una serie di scelte gestionali illegittime’’.
A sollecitare la Procura con due esposti (uno inviato anche ai pm di Palermo) era stato l’avvocato ambientalista Giuseppe Arnone, interrogato subito dopo con un verbale secretato dal procuratore, che nel dossier diffuso nell’agosto scorso aveva denunciato il bando “per centinaia di milioni di euro’’ vinto da Girgenti Acque perché “unico offerente consorziato nelle stanze del governo di Cuffaro e Alfano’’ con le assunzioni mediate da Riccardo Gallo “intimo da 20 anni di Alfano’’, in cambio dell’impegno dei Comuni a imporre i contatori della ditta “casa per casa’’, come ha poi raccontato ai pm il pentito Tuzzolino. E a gestire il bando, scrisse Arnone nel dossier, fu il numero 2 della corrente alfaniana, Vincenzo Fontana, anch’egli tra gli indagati.
Agli atti dell’inchiesta ci sono i verbali di Tuzzolino che tra i registi delle assunzioni indica anche anche se stesso: “Sigona lo indicai a Gallo, serviva a me, mi spacciava tanta cocaina, gli volevo dare un lavoro di copertura’’. A Girgenti Acque, alla fine, doveva approdare pure lui, nelle intenzioni del gruppo di “amici’’ che monitoravano le sue dichiarazioni con i magistrati: “Mentre ero dichiarante Riccardo (Gallo, ndr) mi disse che non ci sarebbero stati problemi, mi avrebbe trovato subito un posto alla Girgenti Acque o alla Camera di Commercio’’.
*Aggiornato da redazione online alle ore 19 del 19 gennaio 2018