Ci sono sindacalisti come Giorgio Cremaschi (ex Fiom) e politici come Maurizio Acerbo (Rifondazione comunista). Un’ex staffetta partigiana ed ex parlamentare come Lidia Menapace e la pasionaria dei No Tav Nicoletta Dosio. Ma anche sostenitori non candidati come l’allenatore Renzo Ulivieri e Haidi Giuliani, madre di Carlo, il ragazzo ucciso al G8 di Genova.
Tutti a pugno chiuso e con una stella rossa da seguire, quella di “Potere al popolo”, nuova forza politica nata a novembre sulle ceneri del movimento del Teatro Brancaccio (Roma), che si presenta alle elezioni da outsider e fuori dalle alleanze, raccolta di firme permettendo (“ma siamo già a buon punto”, dicono).
Un movimento dal basso, che viene dal mondo dei lavoratori precari, dei disoccupati, dei sindacati di base e dei centri sociali. Ed è proprio da un centro sociale napoletano – Je so pazzo, un ex ospedale psichiatrico giudiziario occupato nel quartiere Materdei – che arriva la sua portavoce, Viola Carofalo, 37enne ricercatrice precaria in filosofia all’Università Orientale. “Vogliamo ridare dignità alla parola sinistra perché di sinistra in Italia c’è bisogno. Io mi definisco comunista, ma non tutti quelli che hanno aderito lo sono: non vogliamo ingessarci dentro un’etichetta o un’ideologia”, spiega Carofalo, che però non sarà candidata.
“Potere al popolo” nasce, appunto, dal fallimento dell’assemblea del Brancaccio: “Tomaso Montanari è stato coerente: quando ha visto che quel movimento non aveva ossigeno, si è fatto da parte. Anna Falcone, invece, mi pare sia candidata per LeU. Forse era quello che voleva fin dall’inizio…”, continua Carofalo.
Il 3% che garantirebbe l’entrata in Parlamento a stare alle ultime affluenze è fissato a circa un milione di voti: un’impresa quasi impossibile. Ma se dovesse riuscire il miracolo, poi che succede? “Vogliamo entrare in Parlamento per far sentire la nostra voce, portare nel Palazzo le lotte dal basso. Ma escludiamo a priori qualsiasi alleanza. Il Movimento 5 Stelle è populista e non è di sinistra. LeU, invece, è un Pd 2.0: non c’è differenza, vengono tutti dal partito di Renzi e lì vogliono tornare, come dimostrano le parole di D’Alema”, sostiene la portavoce di Potere al popolo.
Ma Renzi e Berlusconi pari sono? “Non sono la stessa cosa, ma hanno messo in campo politiche in assoluta continuità e su alcune temi Renzi è stato pure peggio: sul lavoro, con il Jobs act, e sull’immigrazione. La Minniti-Orlando è una legge fascista”, dice Carofalo.
Uguaglianza sociale, lavoro, welfare, parità di genere (nelle liste le donne sono circa il 40%), difesa dell’ambiente, lotta per i deboli, antifascismo sono le parole d’ordine. Nel loro dna i movimenti antagonisti, la lotta per la casa, l’America Latina, Podemos. Che Guevara e il subcomandante Marcos. “Il mio idolo però è Bertolt Brecht, che ha saputo mettere in poesia e letteratura discorsi altissimi e complessi”, afferma Carofalo. Che poi guarda verso destra. “CasaPound è un movimento fascista che andrebbe messo fuori legge. La Lega è più subdola, ma poi, come nel Dottor Stranamore, la destra che è in loro viene fuori, come si è visto con le dichiarazioni di Fontana”.
Con Sinistra Italiana finita nelle spire di Grasso, Bersani e D’Alema, un po’ di spazio elettorale gauchiste davanti c’è, specie pescando tra i giovani diretti verso l’astensione. Alcuni sondaggi li danno attorno all’1% già ora: se Renzi deve preoccuparsi di Grasso, insomma, Grasso deve preoccuparsi di Carofalo & C. Power to the people, cantava John Lennon. Ma forse loro preferiscono Adelante, compañeros di Carlos Puebla.